Patrizia Mancini
Ieri, 31 ottobre 2012, doveva terminare lo stato d’urgenza che dura ormai dal gennaio 2011. La discussione sul preambolo della Costituzione entrava finalmente nel vivo e cominciava a accentrare l’attenzione della popolazione, aprendo quella che poteva considerarsi una “normale” fase di transizione post-rivoluzionaria.
Lo stesso giorno, invece, il Presidente della Repubblica Moncef Marzouki era costretto a prolungare l’emergenza fino al gennaio 2013, a causa di una nuova serie di violenze nelle quali sembrerebbero coinvolti gruppi di salafiti.
Il 27 ottobre, secondo giorno dell’l’Aid el-Kebir. (festa del Sacrificio), un gruppo di fondamentalisti di Douar Hicher (governatorato della Manouba) scatenava una rissa contro alcuni contrabbandieri di bevande alcoliche. Wissem Ben Slimane, capo delle brigate di sicurezza del si interponeva venendo ferito gravemente alla testa da un arma tagliente da una persona a volto coperto (secondo la sua testimonianza video). Martedi l’arresto del presunto aggressore, un salafita soprannominato “Saddam”, ha provocato una dura reazione dei suoi compagni che hanno attaccato le sedi della Guardia Nazionale a Douar Hicher et de Khalid ibn Walid e anche l’abitazione privata di un membro delle forze di polizia. Negli scontri è stato ucciso da un proiettile il muezzin della moschea Ennour, ma secondo altre fonti ci sarebbero almeno altri due morti fra i salafiti. La versione del Ministero degli Interni parla di individuo che avrebbe sottratto l’arma ad un poliziotto e si sarebbe messo a sparare, mentre i salafiti, tramite un comunicato congiunto di quattro portavoce, negano qualsiasi addebito accusando Ennahdha di e il Ministero degli interni di essere tornato alle pratiche del regime passato e i “laici” “complottare contro la rivoluzione” assieme a Stati Uniti e Francia .Nel frattempo alla Manouba è stata rinforzata la sicurezza e l’esercito ha piazzato alcuni carri armati. La tensione rimane altissima.
Questa mattina (1 novembre) c’è stato un sit in di poliziotti del “Syndacat des forces de sécurité intérieure davanti alla sede del Ministero degli Interni per reclamare più sicurezza per se e per i propri familiari e per protestare contro il silenzio di tutti i partiti e dei media riguardo alla violenza di cui sono vittime ormai da mesi.
La sensazione è che il governo sia deciso effettivamente a reprimere duramente ogni altro atto di aggressione da parte dei salafiti e che ciò inevitabilmente porti ad uno scontro frontale le cui conseguenze sono al momento imprevedibili. E sono in molti a chiedersi chi ci sia veramente dietro questa “strategia della tensione e della diversione” cui ormai da troppo tempo è sottoposta la Tunisia che avrebbe bisogno invece di concentrare ogni sforzo sulla discussione attorno alla nuova Costituzione e di dare voce e speranza ai giovani, ai diseredati, alle donne che sono scesi in piazza quasi due anni fa per reclamare “libertà, lavoro e dignità”.
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