Tunisia: tensione altissima fra il partito islamico Ennahdha e sindacato

Patrizia Mancini

Sabato 1 dicembre: la calma è tornata a Siliana (cittadina del sud-ovest della Tunisia) dove per quattro giorni la popolazione, appoggiata dall’UGTT (storico e potente sindacato), era scesa per le strade a manifestare contro il governatore nominato dal partito islamico Ennahdha, Ahmed Ezzine Mahjoub, accusato dai cittadini di aver continuamente ignorato la loro richiesta di un confronto sulla situazione disastrata della città e di tutta la regione. Occorre evidenziare che uno dei risultati della rivoluzione è senz’altro l’accresciuta consapevolezza da parte delle popolazioni del proprio diritto a esprimersi e ad agire per la trasformazione dei territori e a ottenere l’ascolto delle proprie rivendicazioni da parte delle autorità. Ahmed Ezzine Mahjoub ha dimostrato cocciutamente e costantemente disprezzo totale (Hoghra in arabo) nei confronti tanto del sindacato quanto dei cittadini, cosa che ormai in nessuna parte del paese viene più accettata. Risiede qui la chiave di lettura delle motivazioni della rabbia di Siliana.

Alla fine, comunque, il primo dicembre è stato siglato un accordo fra l’Union Régionale du Travail, l’esecutivo nazionale dell’UGTT, da una parte, e una delegazione del governo dall’altra. L’accordo prevede che Ahmed Ezzine Mahjoub sia sostituito ad interim da un altro rappresentante del governo regionale e che sia formato un gruppo di lavoro formato dalle parti interessate che si faccia carico di una disanima appropriata delle problematiche della regione. Problematiche del resto simili a tutte le altre zone dell’interno della Tunisia: disoccupazione, mancanza di strutture per lo sviluppo e degrado ambientale e culturale. L’accordo prevede anche che il governo si faccia carico delle cure mediche per 252 cittadini che, a seguito della violentissima repressione poliziesca, sono stati feriti e ricoverati in ospedale. Due di loro, ma forse di più, hanno perso la vista a seguito dell’utilizzo da parte delle forze dell’ordine di armi da caccia a pallettoni.

Hanno fatto il giro del web le immagini di alcune di queste cartucce fabbricate dalla società multinazionale Nobelsport, che ha una sede anche in Italia. Il quotidiano La Repubblica ha riportato alcune dichiarazioni della ditta produttrice di armi. Ma nessun comunicato ufficiale della stessa ditta risulta essere stato diffuso. Il governo ha parlato di distruzione di sedi del governatorato e della polizia a Siliana, ma giornalisti presenti sul luogo hanno smentito decisamente le affermazioni del governo. “Ho visto solo alcuni vetri delle finestre infranti da lanci di pietre da parte dei manifestanti “scrive Emine M’Tiraoui, giornalista del sito Nawaat.org.

Il partito islamico Ennahdha, maggioritario nella coalizione che regge il governo di transizione tunisino, esce per l’ennesima volta indebolito. Ma non ha tardato a rispondere: ieri, 4 dicembre, i cosiddetti “comitati di protezione della rivoluzione” hanno assediato la sede nazionale dell’UGTT al centro di Tunisi, dove si sarebbe dovuta svolgere una commemorazione per i sessant’anni dall’uccisione di Farhat Hached*, fautore dell’unione sindacale e militante anti colonialista. Le ricostruzioni dei fatti sono discordanti, anche se è assodato che l’assedio alla sede del sindacato ad opera di una folla che incitava a fare “pulizia” dell’UGTT non fosse amichevole. Il servizio d’ordine del sindacato è intervenuto con dei bastoni nel momento in cui alcune persone tentavano di sfondare la porta sul retro della loro sede, secondo alcuni, mentre altri affermano che l’assembramento dei comitati fosse pacifico e che l’attacco sia stato portato dai sindacalisti. La polizia, singolarmente assente, ha continuato a non rispondere alle varie richieste d’intervento da parte dell’UGTT ed è arrivata solo al termine degli scontri. Diversi i feriti tra i sostenitori del sindacato che non hanno fatto in tempo a rifugiarsi nella sede.

E’ seguita una marcia verso la Kasbah (sede del governo), che ha visto i partecipanti venire aggrediti al momento dell’arrivo dai “comitati di protezione della rivoluzione” già presenti sul posto. Nel frattempo, a Sfax, Gafsa, Sidi Bou Zid e Gabes la centrale sindacale indiceva uno sciopero generale, ma si parla in queste ore di un probabile sciopero nazionale. Questo nonostante l’accordo siglato proprio ieri da governo, sindacato e Utica (l’equivalente della Confindustria in Italia), che prevede un aumento salariale del 6% per i dipendenti pubblici e privati.

Resta il fatto che probabilmente l’UGTT è caduta nel tranello della provocazione nadhaoui, anche se occorre ricordare che già nel passato le sue sedi sono state oggetto delle “attenzioni” degli islamici. Per quanto riguarda Ennahdha, il Ministero degli Interni appare sempre più discreditato a seguito dell’ennesima incapacità (o non volontà?) di gestire situazioni di conflitto. Così com’è successo per l’attacco all’ambasciata USA del 14 settembre, ma soprattutto a Tataouine, dove il segretario regionale del partito d’opposizione Nidaa Tounes fu selvaggiamente aggredito e ucciso a bastonate dai “comitati di protezione della rivoluzione”.

“Le antiche vittime di Ben Alì ci hanno messo solo un anno a trasformarsi in carnefici” scrive Gilbert Naccache, storico esponente della gauche tunisina e oppositore del regime imprigionato sotto Bourghiba.

*Farhat Ached fu assassinato dalla Main Rouge, un gruppo armato che sosteneva l’occupazione francese della Tunisia.