Maha Abdelhamid
A cura di Patrizia Mancini
Il 1° maggio 2013, per la prima volta nella storia della Tunisia, i neri autoctoni sono scesi in strada per denunciare il razzismo di cui sono stati, e sono tuttora, vittime. Molte persone si sono stupite di fronte all’esplicitazione di quello che nel paese è considerato un vero tabù dato che la maggior parte di loro arriva a negare l’esistenza di un razzismo endogeno. Eppure il lessico quotidiano, attraverso una serie di etnonimi insultanti, riproduce l’immaginario di una popolazione dalla pelle nera discendente dagli schiavi introdotti in Tunisia nel periodo delle grandi conquiste musulmane, anche se tale origine non è l’unica. A tutt’oggi i termini più utilizzati nei confronti dei tunisini dalla pelle nera sono “w’sif” oppure “abid, entrambi con il significato di “schiavo”. Nell’isola di Gerba vi sono estratti di nascita che tuttora menzionano l’affrancamento della persona dallo stato di schiavo. Possiamo ben dire che la rivoluzione tunisina, anche in questo caso, ha contribuito sia allo smascheramento di condizioni sociali di cui non si conoscevano i dettagli, sia alla mediatizzazione di episodi razzisti, impensabile sotto le precedenti dittature. Eppure il tunisino medio non riesce ancora ad ammettere la presenza delle discriminazioni nei confronti dei neri.
Per approfondire l’argomento, abbiamo parlato con la ricercatrice Maha Abdelhamid, fra i fondatori dell’associazione ADAM (Association de défense des droits des noirs), recentemente dimissionaria e sostenitrice della creazione di un collettivo più allargato e più agile politicamente.
Tunisia in Red: Maha, parlaci un po’ di te.
Maha Abdelhamid: sono una nera tunisina, o una tunisina nera, come preferite. Sono originaria della città di Gabes nel sud. Mio padre è nato a Tataouine, mentre la famiglia di mia madre proviene dal villaggio di Arram, a 40 km a sud di Gabes, molto noto per la sua alta concentrazione di neri. Ho completato il mio ciclo di studi proprio a Gabes, dove ho preso la maturità. In seguito, mi sono trasferita a Tunisi per studiare all’università della Manouba dove mi sono laureata in storia. Poi mi sono interessata a diverse discipline per approdare, nel 2010, alla geografia sociale. Attualmente sono dottoranda in geografia sociale presso l’università di Parigi Nanterre con una tesi proprio su Gabes, in particolare sulla distruzione dello spazio delle oasi.
Sono anche una militante ambientalista e ho denunciato insieme ad altri lo stato in cui versa la zona del golfo di Gabes.
Tunisia in Red: come avete avuto l’idea di creare un’associazione per i diritti dei neri in Tunisia?
Maha Abdelhamid: purtroppo devo precisare che attualmente sono dimissionaria dal direttivo dell’associazione per diverse ragioni. Tuttavia, posso dirvi che l’idea non è arrivata dall’oggi al domani, inizialmente è nata una discussione nel nostro ambiente in quanto poteva sembrare piuttosto bizzarro parlare di razzismo poiché i tunisini di fatto non hanno mai saputo di essere razzisti, non l’hanno mai ammesso, mentre la realtà sociale e il vissuto dei neri tunisini dice esattamente il contrario e cioè che i neri costituiscono la parte più svantaggiata della popolazione, una categoria mantenuta ai margini dal resto della popolazione. Tale realtà è diffusa in tutto il paese, ma assume aspetti eclatanti specialmente nelle regioni del sud. La prova è nel fatto che a tutt’oggi i neri sono assenti dalle dinamiche sociali tunisine, invisibili a livello mediatico e non riescono ad accedere a funzioni politiche né a incarichi di alto livello. Prima della rivoluzione non vi erano neri all’interno dei partiti ( se possiamo parlare di partiti sotto la dittatura!) e anche ora ve ne sono pochissimi. L’unico deputato nero è di Ennahda, Béchir Chammem, e anche lui dice che non c’è il problema del razzismo in Tunisia!In breve, i neri non hanno le stesse opportunità degli altri tunisini per quanto riguarda l’accesso al lavoro, prova ne è il fatto che non troviamo neri nei posti di responsabilità all’interno delle amministrazioni statali. Per tutti questi motivi abbiamo deciso di fondare l’associazione.
Tunisia in Red: dunque l’idea di ADAM è nata dopo la rivoluzione?
Maha Abdelhamid: Sì, l’idea è nata in quel periodo. Inizialmente abbiamo cominciato a parlare in rete della condizione dei neri. Un mese dopo il 14 gennaio 2011 io stessa ho reagito con una nota su Facebook al comportamento verbale del giornalista Moncef Ben Mrad, capo redattore del telegiornale Akhbar al Jomhourya, in onda sul canale Hannibal. Questo signore, riferendosi a noi in diretta, usava continuamente il termine W’sif (cioè, schiavo in dialetto tunisino) con un atteggiamento canzonatorio. Scrissi che non era assolutamente tollerabile, dopo la rivoluzione di un popolo per i propri diritti, continuare a chiamare i neri con quella parola (1).Nello stesso periodo il relatore della mia tesi, il geografo Habib Hayeb, mi spingeva a realizzare qualcosa di più concreto perché riteneva importante che canalizzassimo idee ed energie verso azioni e obiettivi più chiari e intraprendessimo una vera lotta ben organizzata. In aprile aprii una pagina Facebook che si chiamava “Assurance de la Citoyenneté sans discrimination de couleurs.”, in pratica il primo forum di discussione sulla condizione dei neri tunisini, sulla loro storia e le loro origini. Fra i partecipanti c’erano molti tunisini che riconoscevano il razzismo latente del loro ambiente e ci incoraggiavano a affrontarlo a viso aperto. Successivamente venne lanciata un’altra pagina che si chiamava “Témoignages pour dénoncer la discrimination du couleur, più accessibile a chi non padroneggiava la lingua francese. La pagina, aperta da Taoufik Chairi e Amina Soudani, raccoglieva (e lo fa tuttora) testimonianze in dialetto tunisino di vessazioni e umiliazioni subite dai neri. Dunque avevamo cominciato a parlare apertamente e senza paura di quello che succedeva nel nostro paese. Ma la denuncia pura e semplice non ci bastava più, occorreva che il desiderio di militanza sfociasse in azioni concrete, per questo creammo ADAM che ottenne il visto il 19 maggio 2012.
Tunisia in Red:Quali sono state le vostre principali iniziative?
Maha Abdelhamid: Abbiamo cominciato a muoverci con progetti ed iniziative specialmente nel Sud del paese. La più importante si è svolta il 21 e il 22 marzo 2013 in occasione della giornata internazionale dell’eliminazione della discriminazione razziale (2)che per la prima volta si poteva celebrare in Tunisia. Vi parteciparono anche realtà come Unegro, un’associazione antirazzista brasiliana e la francese “Les indivisibles”,rappresentata dalla giovane militante Roukhaya Dialo. L’evento clou è stata la tavola rotonda dal titolo “Les noirs de Tunisie: les présents-absents” in cui sono intervenuti diversi intellettuali. Lo storico dell’Università di Lione Salah Trabelsi ha tenuto una conferenza sui percorsi degli schiavi dall’interno dell’Africa fino al Mediterraneo. Erano presenti anche il sociologo Mohamed Juili che ha illustrato la sua ricerca sulle oasi del Sud e lo storico Moheddine Lagha dell’università di Sousse che ha parlato dello schiavismo e i suoi itinerari nell’epoca moderna. Alle conferenze hanno assistito moltissimi giovani visibilmente interessati alla materia, è stata una giornata straordinaria!
Tunisia in Red: quali sono le principali rivendicazioni dei neri tunisini?
Maha Abdelhamid: diciamo innanzitutto che i neri di questo paese da sempre sono perfettamente coscienti della problematica legata al loro status, ma non sapevano come reagire, non avevano gli strumenti per farlo. Ci è voluto molto tempo comunque perché capissero chiaramente cosa volevano. Con l’associazione infine abbiamo discusso su quale tipo di rivendicazione volessimo portare avanti per arrivare alla conclusione che si trattava di un insieme di rivendicazioni politiche, economiche e sociali. La prima azione concreta come associazione ADAM è stata una petizione che richiedeva la stesura di un’articolo della costituzione che esprimesse il principio della lotta contro le discriminazioni e la penalizzazione di ogni atto o espressione razzista. Abbiamo raccolto quasi 2.000 firme, ma purtroppo la nostra proposta non è stata accettata dall’Assemblea Nazionale Costituente
Tunisia in Red: in quale modo hanno rifiutato la vostra proposta?
Maha Abdelhamid: Hanno semplicemente affermato che non era una priorità dell’ANC e neppure del paese in quanto la Tunisia non è un paese razzista. Per questo motivo, a loro avviso, non era il caso di iscrivere tale questione nella nuova costituzione. L’ultima volta che la presidentessa di Mnemti(un’altra associazione antirazzista tunisina) Saadia Mosbah e il presidente di ADAM, Taoufiq Chairi hanno incontrato Meherzia Laabidi, la vice presidente dell’Assemblea nazionale Costituente si è mostrata interessata dalle nostre richieste. Poi però non ha mosso un dito, mentre sulla sua pagina Facebook descriveva la commozione che aveva provato nell’ascoltare i racconti delle discriminazioni subite quotidianamente dai neri! Un evidente tentativo di propaganda e strumentalizzazione politica!
Tunisia in Red: Altre rivendicazioni?
Maha Abdelhamid: abbiamo scritto ufficialmente al Ministero dell’Educazione chiedendo di rivedere i programmi scolastici perché riteniamo molto difficile cambiare la mentalità degli adulti, mentre il lavoro nelle scuole primarie darebbe l’opportunità di lavorare con le nuove generazioni che io vedo come pagine bianche sulle quali iscrivere dei buoni principi. Occorre focalizzarsi sul lavoro con i bambini delle prime classi e mostrare loro come la Tunisia sia un paese plurale e i tunisini il risultato del mescolarsi di tante popolazioni diverse. E parlare loro del fatto che Tunisia significa Africa. Infatti posso testimoniare che mai durante il mio ciclo di studi ho sentito dire che la Tunisia è un paese africano. I libri di storia parlano sempre della Tunisia affacciata sul Mediterraneo oppure della Tunisia araba e musulmana. Per i miei concittadini l’Africa è lontana, qualcosa di estraneo, “l’altro” continente. Quindi è necessario rivedere i testi scolastici esercitando una rilettura della storia che faccia comprendere alle nuove generazioni che la Tunisia è africana, soprattutto africana, mostrare quali siano le relazioni fra la Tunisia e l’Africa. Ti faccio un esempio: nel libro di lettura adottato in terza elementare si è iniziato a parlare della differenza in senso positivo, ma commettendo un errore madornale perché nella rappresentazione di un gruppo di bambini che giocano insieme si citano Sami, Alì e il nero Mamadou che viene dal Senegal. Ciò dimostra come concettualmente si neghi l’esistenza dei neri tunisini, la possibilità che un tunisino sia nero, che si chiami, per esempio, Yassine e che venga dal sud! No, il nero è sempre uno straniero. E’ questo che si insegna nelle nostre scuole.
Tunisia in Red: e il 1° maggio 2013 siete scesi in piazza.
Maha Abdelhamid: Una giornata memorabile: per la prima volta nella storia della Tunisia, ma anche dell’Africa del Nord, i neri hanno manifestato per dire innanzitutto “Siamo qui!” e per denunciare la loro condizione. Purtroppo non ho potuto partecipare perché impegnata con la mia ricerche a Gabes, però via SMS inviavo gli slogan da gridare e insieme ad altri avevo preparato precedentemente delle registrazioni da trasmettere durante la manifestazione in cui si spiegavano le nostre ragioni e richieste. Mi hanno detto che alcuni hanno pianto scoprendo qualcosa di cui non erano consapevoli fino a quel giorno.
Tunisia in Red: quanti sono i neri in Tunisia?
Maha Abdelhamid: non esistono censimenti ufficiali a riguardo, ma possiamo dire che con una certa sicurezza che si tratta del 15% della popolazione, dunque un numero piuttosto significativo.
Tunisia in Red: Quali sono le loro origini?
Maha Abdelhamid: se qualcuno mi chiedesse qual’è la mia origine, beh, risponderei semplicemente che sono africana, che la Tunisia è Africa e quindi non devo andare indietro nel tempo a ricercare chissà quale evento ha condotto qui i miei avi. Diverse falsificazioni storiche, ancora in voga ai nostri giorni, sostengono che le popolazioni originarie del Nord Africa siano state di pelle bianca. Ebbene non è vero: è stato l’arrivo di popolazioni provenienti dalla penisola balcanica (i fenici) che ha spinto i neri sempre più a sud, verso la regione sub sahariana. Altri gruppi di neri in seguito si installarono in Nord Africa in contesti migratori “normali: commercio, ricerca di terreni da coltivare ecc. scegliendo volontariamente di venire a vivere qui. Con queste spiegazioni non voglio certo negare che una grande parte dei neri siano discendenti degli schiavi, ma è anche vero che molti schiavi erano di pelle bianca! Inoltre, nell’XI secolo d.c., a seguito della tribù araba di Beni Hilal che si trasferì nel Magreb dal sud dell’Egitto, arrivarono dei neri, probabilmente della Nubia. Ho compiuto delle ricerche genealogiche riguardo le origini della mia stessa famiglia presso il Museo della Memoria della Terra a Tataouine e ho scoperto, andando a ritroso nel tempo, che gli Abdelhamid sono originari del sud dell’Egitto.
Tunisia in Red: quali sono le linee di demarcazione fra i neri tunisini e gli altri?
Maha Abdelhamid: nella vita quotidiana non se ne ha la percezione perché di fatto ragazzi neri e bianchi si incontrano e si frequentano normalmente. Anche nelle relazioni di vicinato non ci sono problemi, ci si scambiano visite, si viene invitati ai matrimoni e si festeggiano insieme le ricorrenze tradizionali. L’accesso all’educazione e alla salute è aperto a tutti (3).Ma ci si ferma qui: vi espressioni non verbali, delle sfumature del non detto che ci fanno sentire sempre che la differenza sussiste. E i matrimoni misti sono molto rari, solo recentemente ne sentiamo parlare, ma è sempre il nero che sposa la bianca, mentre è praticamente impossibile il contrario.
Al sud poi tali matrimoni sono vietati non dalla legge dello stato, ma da quella sociale. E le rarissime volte che ciò avviene, si svolge in un contesto triste e ben poco festoso, perché c’è sempre una famiglia che non l’accetta e quindi non partecipa, un vero e proprio boicottaggio dei genitori nei confronti di una figlia che ha osato infrangere il tabù. Generalmente sono le famiglie dei bianchi che si comportano in questo modo.
In Tunisia non esistono leggi razziste come esistevano un tempo negli Stati Uniti o nel Sud Africa dell’apartheid, ma è tempo che ci si chieda perché i neri sono “invisibili” socialmente, perché compongono la parte più povera della società, occorre studiare l’itinerario storico e le dinamiche sociali che hanno portato a questa situazione per arrivare all’ammissione del razzismo della nostra collettività. E’ un passo difficile da compiere, ma necessario.
Tunisia in Red: per quale motivo i tunisini non fanno mai riferimento alla loro africanità?
Maha Abdelhamid: come ho già detto precedentemente già nei testi scolastici non se ne parla affatto, quindi intere generazioni sono cresciute inconsapevoli della loro appartenenza a questo continente. I media nazionali, se parlano di Africa, legano il discorso unicamente a cliché e stereotipi riguardanti la fame, le malattie e la povertà, quindi sempre a qualcosa di negativo.
Qualcuno mi ha detto: “Eppure Bourghiba ha fondato l’Union Africaine!!!” Ho risposto che si tratta solo di parole e a proposito di Bourghiba ho scritto un pezzo intitolato “ Bourghiba era razzista?” (4)in cui fra l’altro affermo.” Bourghiba era estremamente intelligente quindi capiva perfettamente che i neri costituivano una parte fragile e marginalizzata della popolazione, ma non ne ha mai tenuto conto nei suoi progetti di sviluppo né nei suoi discorsi. . Ha combattuto l’« Arouchya »(il tribalismo), il maschilismo dei tunisini e ha supportato le donne, la classe media e in qualche modo anche i poveri. Ma non ha mai sostenuto i diritti dei neri…
nonostante fosse perfettamente in grado di comprendere sia le diverse componenti della società tunisina sia la natura e i meccanismi del razzismo e della discriminazione nei confronti dei neri. … Egli stesso aveva molti pregiudizi verso i neri. Raccontava aneddoti su di loro, come molti altri tunisini che vedono nell’individuo dalla pelle nera solamente un soggetto al servizio di qualcuno oppure il “giullare” che sta lì per farli ridere. “ E non ha mai digerito il fatto che il senegalese Leopold Senghor, l’ideologo della negritudine, fosse un raffinato ed intelligente uomo politico nero. Diceva di lui che era “un bianco nella pelle di un nero”.
Tunisia in Red: secondo te, perché i tunisini non si ritengono razzisti?
Maha Abdelhamid: perché fanno un paragone con quello che accade in Europa nei confronti dei migranti o con la storia degli Stati Uniti o del Sud Africa dell’apartheid, invece di analizzare la situazione locale. Molti di loro neppure si accorgono del razzismo espresso dalle battute o dalle frasi che quotidianamente si possono ascoltare in pubblico, come per esempio: “Noi non siamo come gli occidentali, noi non siamo razzisti…ma ciascuno deve restare al suo posto”!
Tunisia in Red: Ci sarà un cambiamento?
Maha Abdelhamid: Non molto presto, credo ci vorrà almeno una generazione.
1)Il testo integrale della nota di Maha Abdelhamid:qui
2)Le origini di questa giornata risalgono al 1960, quando la polizia aprì il fuoco uccidendo 69 persone durante una manifestazione pacifica a Sharpeville, in Sud Africa, contro l’approvazione delle leggi sull’apartheid. Il 21 marzo, quindi, si commemorano le vite sacrificate nella lotta per la democrazia e la parità dei diritti umani in Sud Africa durante il regime dell’apartheid, che adottò con convinzione la discriminazione razziale. Nel 1966 questa data venne proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite “Giornata internazionale per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale”, come monito verso la comunità internazionale e affinché venissero aumentati gli sforzi per eliminare qualsiasi forma di discriminazione razziale.
3)Tuttavia, il settimanale “Réalités” (n. 1432 nell’articolo “Sommes-nous tous racistes?) cita alcune realtà del sud tunisino dove l’espressione del razzismo è portata al parossismo: autobus scolastici distinti per studenti neri e bianchi nel villaggio di El Gobsa a Sidi Makhlouf nella regione di Medenine, realtà filmata nel documentario “Abid Ghbonten”, oppure cimiteri riservati ai bianchi e altri riservati ai neri. Inoltre, recentemente un imam del villaggio di El Modou, 8 km da Gabes, si sarebbe rifiutato di recitare la preghiera funebre per un cittadino nero.
4) Il testo integrale della nota di Maha Abdelhamid qui
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