Mercoledì 2 ottobre 2013 si è tenuta presso l’hotel Africa una conferenza stampa dell’IRVA, l’associazione per la ricerca della verità sugli assassini di Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, i due leader del Fronte Popolare uccisi rispettivamente il 6 febbraio e il 25 luglio 2013.
Le aspettative erano enormi, dato che erano state annunciate importanti rivelazioni sulle indagini svolte da alcuni membri dell’associazione stessa. E infatti la sala era stracolma di giornalisti, deputati dell’opposizione al governo e gente comune. Una novità assoluta per la Tunisia: alcuni deputati erano accompagnati da guardie del corpo messe loro a disposizione dal Ministero degli Interni, a seguito delle minacce di morte ricevute recentemente. Lo stesso Taieb Aguili, portavoce dell’IRVA, arriva alla conferenza stampa affiancato da 3 bodyguards. Alle 10 in punto, dietro una selva di telecamere e in presenza di circa 250 persone (un’amica francese, giornalista, afferma che non ha mai visto una tale presenza neppure per François Hollande!), iniziano le rivelazioni che sembrerebbero basarsi su documenti ufficiali autentici, evidentemente usciti in qualche modo dal Ministero degli Interni. I risultati delle investigazioni si concentrano particolarmente sull’affaire Chokri Belaid, poiché, per quanto concerne l’uccisione di Mohamed Brahmi, una precedente conferenza stampa aveva già segnalato l’esistenza di una lettera, datata 13 luglio 2013 (ossia 12 giorni prima dell’assassinio) da parte dei servizi segreti statunitensi che avvisavano il Ministero degli Interni tunisino del pericolo che stava correndo il deputato del Mouvement du peuple (nazionalisti nasseriani): ora tale documento sembra essersi volatizzatosi e a questo proposito è stata avviata una indagine da parte del Ministero degli Interni.
Secondo l’IRVA, anche l’uccisione di Belaid avrebbe potuto essere evitata se alcuni distretti di polizia, allertati telefonicamente il 23 gennaio 2013, avessero preso sul serio alcuni movimenti sospetti attorno all’abitazione del leader della sinistra. Inoltre, almeno 5 funzionari del Ministero degli Interni, di cui Aguili ha citato i nomi, sarebbero implicati nella vicenda per aver sottovalutato, intenzionalmente o meno, tutta una serie di altre segnalazioni. Come sembrerebbe essere accaduto con Marouene Belhaj Salah, uno dei sospettati per l’omicidio del leader del Watad, fuggito in Arabia Saudita due giorni dopo il crimine.
Ma il pezzo forte delle rivelazioni ha riguardato la presunta relazione triangolare fra Ennahda (il partito islamista, maggioritario nella compagine governativa), il gruppo tunisino salafita jihadista di Ansar Acharia e il libico Abdelhakim Belhaj uno dei capi della rivoluzione contro Gheddafi, attuale comandante del consiglio militare della città di Tripoli. Quest’ultimo viene definito in conferenza stampa “jihadista” e “’ispiratore dell’uccisione di Belaid e Brahmi”. Secondo i risultati delle ricerche svolte dall’associazione, risulterebbero “sospetti” i vari incontri fra membri di Ennahda e Belhaj, in particolare è stata mostrata al pubblico una foto in cui il presidente del partito islamico tunisino, Rached Ghannouchi e il ministro per i diritti umani e la giustizia transizionale, Samir Dilou, anch’egli di Ennahda, sarebbero stati immortalati in Libia, durante un incontro con Abdelhakim Belhaj. Attraverso ulteriori documenti mostrati alla stampa ieri, Aiguili ha sostenuto che Abdelhakim Belhaj sarebbe implicato in tutti gli attentati in Tunisia e che nelle sue intenzioni vi sarebbe stata la creazione di un emirato in una regione meridionale, a cavallo fra la Tunisia e la Libia.
Al termine della conferenza stampa, si è svolto il consueto sit-in per onorare la memoria di Belaid e Brahmi e reclamare la verità sulle loro uccisioni, sit-in trasformatosi successivamente in una manifestazione che dall’avenue Bourghiba si è diretta alla piazza della Kasbah, sede del governo. Alcuni manifestanti hanno gettato delle uova sui ritratti dei governanti e del Presidente della Repubblica e poi li hanno distrutti. La piazza Mohamed Alì, sede storica della centrale sindacale dell’UGTT, veniva nel frattempo chiusa al traffico e una nutrita presenza di poliziotti sembrava confermare le minacce di morte arrivate ad alcuni suoi membri.
Alcuni politici dell’opposizione avrebbero sconsigliato l’IRVA (composta di avvocati, giornalisti, intellettuali e membri delle famiglie degli assassinati) di tenere la conferenza stampa proprio alla vigilia del primo incontro del dialogo nazionale per non condizionarne l’andamento, ma i membri hanno rivendicato la loro “assoluta indipendenza dalla politica”, assieme all’estrema urgenza di comunicare al pubblico i risultati delle loro indagini.
Le reazioni alla conferenza dell’IRVA non si sono fatte attendere: mentre in piazza e dalle loro pagine Facebook molti deputati dell’opposizione dichiaravano di non voler più sedersi al tavolo del “dialogo nazionale” (http://www.tunisia-in-red.org/?p=3098) assieme a degli “assassini”, il movimento Ennahda in un comunicato ufficiale accusava Taieb Aguili di mentire deliberatamente, avvertendo che le date di alcuni dei documenti portati a riscontro delle accuse erano state falsificate e che avrebbe portato in giudizio i funzionari del Ministero degli Interni che si erano resi complici di tale “macchinazione”, finalizzata a impedire il dialogo nazionale . Di fatto, già giovedì circolava la notizia della sospensione dalle loro funzioni di 4 funzionari del Ministero degli Interni i quali avrebbero fornito a Aguili “le prove” presentate alla conferenza stampa.
Ma la reazione più ragionata e dettagliata è stata quella di Samir Dilou che è intervenuto su Radio Mosaique demolendo, in buona sostanza, la maggior parte delle affermazioni del portavoce dell’IRVA.
Dilou infatti spiega come Abdelhakim Belhaj sia un leader della rivoluzione libica, conosciuto a livello internazionale, intervistato dalle televisioni di tutto il mondo e invitato ufficialmente dal governo tunisino (è vero, del resto, che nessun partito dell’opposizione, a suo tempo, ebbe a ridire su quegli incontri). Spiega come la foto che lo incriminerebbe (tra l’altro postata tempo fa dallo stesso Dilou sul suo profilo Facebook) sia stata scattata a Zarsis, al sud della Tunisia, e non in Libia e che la persona presente non è Belhaj, ma Jamel Saadaoui, un uomo d’affari libico, membro del partito “Al Watan” che è poi intervenuto telefonicamente per confermare le parole del ministro tunisino.
E’ di poche ore fa la notizia che i partiti facenti parte del Fronte di Salvezza Nazionale ( http://www.tunisia-in-red.org/?p=3098 ), a seguito delle rivelazioni di Taieb Aguili, chiedono le dimissioni immediate del governo poiché ritengono che “la concertazione per l’inizio del dialogo nazionale si sia prolungata anche troppo, facendo perdere molto tempo, aggravando la crisi e rendendo l’iniziativa ambigua e poco chiara”. Per questo motivo si afferma la necessità che la concertazione abbia termine nel più breve tempo possibile e che venga posta una firma preliminare sui principi della road map da parte di tutte le parti coinvolte al fine di garantire il loro impegno alla riuscita dell’iniziativa.
Alcuni tornano ad evocare lo scenario egiziano.
Al centro di questi complicati intrecci e testimone impotente di ogni sorta di presunto complotto, il cittadino comune perde l’orientamento e non sa più a chi credere, mentre il paese continua ad affossarsi nella più grave crisi economica e sociale degli ultimi anni.
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