Arresto del blogger Azyz Amami. Continua la resa dei conti poliziesca contro i giovani rivoluzionari

 

 

 Patrizia Mancini

Nella notte fra lunedì 12  e martedì 13 uno fra i più famosi blogger tunisini, Azyz Amami, è stato arrestato insieme a un amico, il  fotografo Sabri Ben Mlouka.  L’accusa è di consumo di cannabis. I due erano stati fermati in auto   da una pattuglia di polizia verso le 23.30,  alla periferia balneare di Tunisi, la Goulette.  Secondo la famiglia dell’attivista, Azyz non avrebbe avuto su di sé alcun quantitativo d’”erba” e sarebbe stato malmenato dai poliziotti che gli avrebbero rotto il naso. L’attivista ha rifiutato di sottoporsi al test delle urine.
L’informazione del suo arresto si è diffusa a macchia d’olio nella rete e decine di sostenitori si sono recati  al posto di polizia della Goulette per sostenerlo. Il padre, Khaled Amami,molto attivo  nell’associazionismo tunisino,  in alcune interviste alle radio locali , richiede a gran voce che Azyz venga sottoposto a una visita medica per accertare le conseguenze delle percosse che lui stesso ha potuto constatare quando lo ha incontrato nella prigione di Bouchoucha. Dichiara di aver inviato telegrammi con tali richieste al procuratore della Repubblica e al capo della polizia di Cartagine che ha  competenza sul territorio della Goulette.
In realtà, appare chiara la matrice provocatoria dell’azione poliziesca. Negli ultimi tempi, Azyz si era mobilitato a fianco delle famiglie delle vittime  e dei feriti della rivoluzione all’indomani del verdetto vergognoso del 12 aprile 2014  che in pratica discolpava i vertici della polizia e del Ministero degli Interni dall’uccisione e dal ferimento dei giovani che si erano mobilitati per cacciare Ben Alì e i suoi accoliti. Ma soprattutto è stato fra gli iniziatori della campagna “Anche io ho bruciato un commissariato”, lanciata in rete per denunciare la persecuzione e i processi contro i giovani che hanno attaccato posti di polizia durante la rivoluzione del dicembre 2010 e del gennaio 2011. Azyz ne aveva diffusamente parlato in una trasmissione televisiva  molto seguita.  Da  tempo, infatti, è in corso  una resa dei conti fra polizia e i giovani della rivoluzione e il celeberrimo Amami è solo l’ultimo di una lunghissima lista.
Abbiamo già parlato in questo sito dei giovani artisti e attivisti arrestati il 21 settembre 2013 di cui la maggior parte ancora è in prigione,  accusati in base alla temibile legge 52 , eredità della dittatura, che  prevede condanne da uno a cinque anni per consumo e spaccio anche di “zatla”, hashish in dialetto tunisino e per la quale, si legge sul web, “ogni tunisino è in libertà provvisoria finché non lo vanno a prendere”. Si conferma dunque, se ancora ce ne fosse bisogno, il clima di rivincita e di vendetta fra i ranghi della polizia che  utilizza l’accusa di consumo di stupefacenti per cercare , inutilmente, di domare i giovani militanti e attivisti che hanno contribuito alla cacciata di Ben Alì.
Alle 18 di oggi è prevista un’assemblea a Tunisi per organizzare la mobilitazione contro le accuse ad Azyz Amami.