Questa mattina l’attivista e blogger Azyz Amami è comparso, insieme all’amico fotografo franco-tunisino Sabri Ben Mlouka, di fronte al giudice del Tribunale di prima istanza di Tunisi che lo ha accusato di consumo di cannabis. Il processo si terrà il 23 maggio. Nel frattempo i due giovani rimarranno in prigione dato che in Tunisia non è stata modificata la consuetudine di utilizzare massicciamente la carcerazione preventiva.
Davanti al Tribunale di Babnet una folla di attivisti e compagni di Azyz ha manifestato rumorosamente per la sua liberazione, denunciando con forza e apertamente l’accusa strumentale portata contro uno dei personaggi più emblematici della rivoluzione.
Originario della regione di Sidi Bouzid (dove Mohamed Bou Aziz si diede fuoco il 17 dicembre 2010 scatenando con il suo sacrificio la rivoluzione tunisina), Azyz è fra quei militanti e attivisti che maggiormente hanno denunciato in questi tre anni la marginalizzazione e le ingiustizie subite dai parenti delle vittime e dai feriti della rivoluzione. Arrestato e percosso ferocemente dalla polizia di Ben Alì il 6 gennaio 2011, è un rivoluzionario della prima ora, dichiaratamente anarchico, cinico, intelligente e sarcastico, un nemico giurato della polizia. Un simbolo per tutti i giovani che hanno creduto nelle istanze rivoluzionarie. Una spina nel fianco del Ministero degli Interni che tramite il braccio operativo del suo corpo di polizia, inattaccabile e inossidabile, si sta vendicando lentamente, ma inesorabilmente della gioventù che ha partecipato alla rivoluzione.
Azyz e il suo amico fotografo Sabri Ben Mlouka sono stati fermati dalla polizia alla Goulette, nella notte fra il 12 e il 13 maggio, ma il blogger non ha firmato alcun verbale e si è rifiutato di sottoporsi al test delle urine.
Nei giorni precedenti al suo arresto, il blogger trentunenne aveva denunciato la persecuzione poliziesca e giudiziaria che moltissimi giovani stanno subendo da qualche tempo senza che i media mainstream, alla rincorsa della normalizzazione “tecnocratica” e gongolanti per il ritorno dei turisti, ne abbiano fatto minimamente cenno. Sono ragazzi “accusati “ di aver assaltato commissariati di polizia e sedi della Guardia Nazionale durante la rivoluzione. Sono anch’essi soli, di fronte a questi soprusi, come i feriti della rivoluzione e i genitori dei ragazzi assassinati dalla polizia di Ben Alì. I partiti, anche quelli della sinistra, non ne parlano. Non c’è più una “dittatura islamica” a cui dare la colpa delle vessazioni e dei soprusi che subisce nuovamente una buona parte della popolazione, ma un governo “tecnico”, per di più frutto di un dialogo nazionale, c’è la “costituzione più bella del mondo” e c’è la libertà di espressione. Mentre il governo si inchina ai dettami del Fondo Monetario Internazionale preparando il paese a uno scenario greco e la giovane e graziosa ministra del Turismo Amel Karboul partecipa a eventi ultra mondani per favorire il ritorno dei turisti, quelle perfette monadi che sono diventate i partiti tunisini si occupano di sé e delle future elezioni.
Nè Ennahda, né Nida Tounes si sono pronunciati sull’arresto dei due giovani, né, purtroppo, il Fronte Popolare (sinistra radicale).
Durante la rivoluzione, Azyz pubblicava sul suo blog pamphlets contro Ben Alì e postava video che testimoniavano la repressione della a polizia, così come in questi giorni aveva denunciato il clima repressivo e vendicativo che inesorabilmente sta colpendo i protagonisti dei sollevamenti popolari di tre anni fa. Con la campagna “’Ena Zeda7rakt Markez” (Anche io ho bruciato un commissariato) lanciata sui social networks, Azyz era intenzionato a demistificare il tentativo di cancellare la memoria della rivoluzione che, purtroppo, a parte un’infima minoranza della popolazione, non sembra scandalizzare nessuno. Ne aveva parlato in televisione citando testimonianze di abitanti di alcune zone del paese che avevano visto con i loro occhi i poliziotti stessi dare fuoco ai commissariati, aveva parlato del lavoro di raccolta di dati e dei nominativi di giovani denunciati o processati per le azioni rivoluzionarie del 2010 e 2011. Oggi al sit in davanti al tribunale ne ho incontrato uno , il giovanissimo Khalifa Noomen della città di Djebeniana (una città resistente, come la definisce lui stesso), recentemente denunciato per “atti di terrorismo” compiuti durante la rivoluzione! Un altro attivista che è sempre stato accanto alle famiglie delle vittime in sostegno alle loro rivendicazioni di verità e giustizia.
Sarebbero almeno una cinquantina le persone che sono state denunciate per “atti violenti” compiuti durante la rivoluzione, alcuni condannati da uno a tre anni, da Tunisi a Gerba.
Azyz Amami è sotto processo per consumo di cannabis e molti tornano a parlare della famigerata legge 52 che è una triste eredità della dittatura. Suo padre Khaled Amami e i suoi compagni però denunciano chiaramente come l’accusa sia solo un pretesto per tentare di azzittire il blogger e temono, a ragione, che mettere in rilievo, come fanno alcuni partiti e giornali, la necessità di modificare tale legge, rischi di sviare l’attenzione dai veri problemi: il silenzio o la passività dei partiti sul ritorno delle vecchie pratiche del Ministero degli Interni, ma anche il tradimento delle rivendicazioni rivoluzionarie, la stampa e le televisioni che tornano a colorarsi di “mauve” (il colore simbolo della dittatura) e la repressione dei giovani rivoluzionari.
Maher Hamdi, un militante dell’UGTT (il più grande sindacato tunisino) questa mattina elencava a gran voce questi elementi davanti al tribunale di Babnet, ricordando, altri recenti episodi di repressione strisciante, come la convocazione il 14 maggio del giornalista Taofik Ben Brik davanti alla Direction Générale des Enquêtes de la Garde Nationale a L’Aouina, a seguito di una denuncia per diffamazione da parte di un sindacato di polizia.
Nel frattempo, mentre Azyz è in carcere, la sezione istruttoria della Corte d’appello di Tunisi ha revocato il 14 maggio il divieto d’espatrio per Alì Seriati, ex capo della sicurezza del dittatore Ben Alì, rifugiatosi in Arabia Saudita dal 14 gennaio 2011. Seriati molto probabilmente tornerà in libertà il 21 maggio.
Questo uno degli effetti tangibili della sentenza del 12 aprile scorso che in pratica lo ha discolpato per la feroce repressione dei moti rivoluzionari che hanno scosso la Tunisia fra il dicembre 2010 e il gennaio 2011.
Il 13 maggio appena ha potuto vedere suo padre Azyz gli ha detto “ Io sono contro questo stato e queste leggi, non chiederò nulla e non voglio niente da loro” No, caro Primo Ministro, Azyz non è simpatico e rimarrà una spina nel fianco di questo sistema.
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