Nel bacino minerario di Gafsa, tra legami famigliari e corsa elettorale

 

Stefano-3-300x225Stefano Pontiggia

«Qui nel bacino minerario, se guardi dentro la politica, ci trovi le tribù».

Quando ho del tempo libero, qui a Redeyef, vado spesso a portare un saluto aHaj Raouf con cui nel mese di marzo ho stipulato il mio contratto di affitto. L’uomo, di circa sessant’anni, gestisce uno degli ultimitaxiphone (1) ancora attivi in città, situato  nelle immediate vicinanze dell’ingresso  al  quartiere del souk. Talvolta alle nostre chiacchierate si aggiunge Tarek  che lavora nella locale Compagnie des Phosphates de Gafsa (CPG), l’impresa pubblica di estrazione e purificazione della sabbia fosfatica , principale fonte di impiego sicuro della regione. Anche Haj Raouf è un ex dipendente della CPG e ha socializzato al lavoro lo stesso Tarek. Entrambi hanno vissuto una breve esperienza all’interno del sindacato di base che rappresenta i lavoratori della Compagnia. Il primo fa parte di una delle tregrandes familles della città, l’ouled Bou Yahia, il secondo è membro dell’ouled Abidi, il gruppo più ampio dal punto di vista demografico.

Una sera, mentre discutevo con loro delle prossime elezioni legislative, Tarek ha espresso in modo lapidario la sua interpretazione del processo elettorale: non si può parlare di politica se non parlando anche di tribù. Ma che significa questa affermazione?

Famiglie e sindacati
La storia del bacino minerario è legata a doppio filo all’esperienza industriale della Compagnia, fondata nel 1897 in pieno contesto coloniale. Nel corso dei decenni le popolazioni locali conobbero un graduale e faticoso processo di sedentarizzazione e proletarizzazione che ne avrebbe provocato il passaggio da un modo di produzione agro-pastorale a uno industriale e da una forma abitativa seminomade a una residenziale. Le città crebbero seguendo un principio di appartenenza a un lignaggio. Nonostante un certo rimescolamento della popolazione, ancora oggi i singoli gruppi famigliari tendono a concentrarsi nello stesso quartiere.
Le dinamiche tra grandes familles, così come le relazioni all’interno dei singoli gruppi agnatici (2), si evolvono continuamente e svolgono un ruolo specifico ogniqualvolta ci siano interessi in gioco e il  contesto nazionale e internazionale le ha sempre influenzate. Un esempio viene dal mondo sindacale: a Redeyef,fino al 1992. il responsabile delle rappresentanze della CPG è emerso dal gruppo Bou Yahia . All’epoca il governo di Ben Ali organizzò il controllo del territorio investendo sulle divisioni «famigliari»: a capo del sindacato venne eletto un membro dell’ouled Abidi, e membri dello stesso gruppo fecero velocemente carriera nell’amministrazione della ditta. Nei primi anni Duemila il sindacato fu diviso in due settori su pressione del RCD. Uno è tuttora diretto da un rappresentante Abidi, il secondo da un membro della famille Bou Yahia.
Quando verso la metà degli anni 1980 la Compagnia conobbe una profonda crisi economica nel quadro dei Piani di Aggiustamento Strutturale, si procedette con la chiusura delle miniere e il licenziamento di centinaia di minatori. Per quasi trent’anni le assunzioni applicarono così un principio di quote in rappresentanza del peso demografico delle tre grandes familles: Abidi, Bou Yahia e Jiridiya, chiamati così perché provenienti dalla zona di Jerid (Tozeur).

Il gioco della politica
Quando si entra in profondità nel campo politico, il quadro si complica notevolmente e l’affiliazione famigliare è vissuta generalmente con ambiguità e un certo riserbo, ma è possibile tracciare un quadro generale. Tra chi partecipa attivamente alla vita dei partiti e presso coloro che si interessano di politica, il legame famigliare permea le discussioni ed è enfatizzato come un elemento identitario, immaginato come un vettore su cui fare affidamento per assicurarsi una certa massa elettorale, dipinto come un ostacolo alla diffusione di un’idea «moderna», cioè liberale, di cittadinanza.
La famille Abidi, ad esempio, ha tradizionalmente espresso il presidente della municipalità e molti responsabili del RCD come pure buona parte dell’élite della sinistra locale che fu in opposizione al regime di Bourguiba prima e di Ben Ali poi. A riprova di questa tradizione, il candidato di Redeyef nella lista regionale del Front Populaire è Ali Abidi, il cui padre fu presidente della municipalità dal 1959 al 1991, eppure i suoi collaboratori rifiutano ciò che definiscono «la questione tribale». Mi spiega Chiheb: «Per me essere Abidi è la mia anima, e certo le relazioni famigliari possono aiutare Ali ad avere un certo numero di voti, ma per noi la questione tribale viene in terzo o quarto luogo».
Appartenenza sociale e posizionamento ideologico si incrociano in modi differenti a seconda dei soggetti, ma il lavoro politico è frequentemente pensato in un’ottica relazionale. Quando chiedo a Walid, un ragazzo molto vicino al Front Populaire, come imposterebbe una campagna elettorale, lui ragiona immediatamente in questi termini: «Per cominciare andrei dai membri della mia sotto-famiglia per convincerli a votarmi, per esempio facendo loro visita o invitandoli per un caffè, quindi cercherei i voti delle altre sotto-famiglie del mio gruppo e poi, sfruttando le mie conoscenze e le mie relazioni professionali, cercherei di farmi conoscere anche presso le altre grandes familles della città».
La lista indipendente capeggiata da Adnan Hajji, protagonista delle rivolte di sei anni fa,cerca consensi non solo presso la famiglia del candidato, gli Jiridiya, ma anche nel resto della popolazione come in tutte le città del Governatorato. Mi dice Salem, un sindacalista della famille Bou Yahia che collabora con lui: «Concretamente, le relazioni tribali devono essere messe sul tavolo, devono essere utilizzate. Come? Noi ci siamo divisi la città secondo un criterio geografico, e ognuno si occupa del suo quartiere. L’obiettivo è diminuire il peso di Ennahdha, che presso noi Bou Yahia tre anni fa conquistò la gran parte dei voti».
Il partito islamista Ennahdha, come tre anni addietro, lavora attivando contatti e relazioni dirette con gli abitanti. «Loro non urlano, non fanno come gli altri», mi racconta Noamen, professore di arabo e simpatizzante del partito che ben conosce gli ambienti islamisti. «Passano di casa in casa, si mostrano attenti alle persone e vanno dagli anziani delle famiglie, perché Ennahdha ha studiato bene la società tunisina e sa che per vincere è necessario avere le relazioni».

La corsa elettorale
Nel 2011 a Redeyef Ennahdha vinse le elezioni con circa 4800 voti su un totale di poco superiore agli 8.000; al secondo posto si piazzò una lista indipendente guidata da Bechir Laabidi, uno dei leader storici del movimento del 2008, che raccolse circa 1600 preferenze senza mandare il suo candidato all’Assemblea Costituente, mentre i partiti attualmente sotto il cappello del Front Populaire assommarono a 1.700 i loro voti.
Quest’anno il quadro è notevolmente più complesso, ma le liste considerate favorite nella corsa a un seggio elettorale si contano sulle dita di una mano. Oltre al partito islamista Ennahdha, al Front Populaire e alla lista indipendente di Adnan Hajji, il partito Nidaa Tounes e soprattutto la formazione destouriana Al Moubadra sono accreditati di un buon risultato. Quest’ultima conta parecchi membri del disciolto RCD di Ben Ali. Per ironia della sorte, la sede è al secondo piano di uno stabile nella cité Bou Yahia che ospita il caffè Galaxy, conosciuto durante i moti del 2008 come «il caffè dei poliziotti». Durante quei mesi, il locale fu assaltato e bruciato. Oggi vecchie foto del presidente Bourguiba accolgono gli avventori non appena varcato l’ingresso.

 

In un Governatorato che vede in corsa sessantadue liste per soli sette seggi in Parlamento, una parte del lavoro politico si gioca quotidianamente sulle relazioni famigliari. A Moularès sono presenti delle liste formate esclusivamente da membri della stessa grande famille per giocare sul senso di appartenenza al lignaggio.
Tuttavia, non va sottovalutato il ruolo del capitale economico locale e i suoi legami con partiti molto vicini alla vecchia esperienza benalista. L’Union Patriotique Libre (UPL), formazione liberale fondata dall’affarista Slim Riahi, sta lavorando, mi dice ancora Walid, «in un senso prettamente tribale» e ha scelto un candidato Bou Yahia come testa di lista. Si tratta di Boussairi Boujlal ed è nativo di Metlaoui, città dove la sua grande famille ha un forte peso demografico. Dal canto suo Ali Lotfi, di Gafsa, ex membro del RCD e padrone (milionario) di una delle compagnie di trasporto su gomma dei fosfati che negli ultimi anni ha assunto centinaia di lavoratori, è capolista per il partito Al Mubadara. Lotfi è inoltre membro dell’ouled Slama, gruppo maggioritario nell’area di Gafsa.
L’incertezza è dunque all’ordine del giorno, e tra l’apparente disinteresse di una parte della popolazione, soprattutto i giovani, il susseguirsi dei dibattiti nei vari quartieri e un clima che si fa teso soprattutto a Gafsa, ci si avvia lentamente al giorno del verdetto.

1) Il taxiphone è un locale con le cabine telefoniche,  ormai in via di estinzione a causa della diffusione dei telefoni dellulari.

2) Agnazióne Legame di parentela da parte dei maschi, cioè tra i discendenti dello stesso padre, e tenuto conto della sola linea maschile. Ne deriva l’agg. agnatico.