Estratto di un’intervista del giornalista francese Pierre Puchot a Choukri Hmed, maître de conférences in scienze politiche all’Université Paris Dauphine, ricercatore presso l’IRISSO-CNRS.
Pierre Puchot:Qual è la sua valutazione della struttura politica del paese ? Il sistema parlamentare misto ha permesso di far emergere i contro – poteri necessari alla transizione democratica?
Choukri Hmed:A mio parere non c’è ancora in Tunisia un regime politico stabile, per la semplice ragione che le regole del gioco sono ancora oggetto di negoziazione e controversia. La fase che va a concludersi è quella dell’Assemblea Costituente. Questa fase è instabile per la sua stessa natura e dolorosa per definizione. Tuttavia, secondo me, il punto importante è che innumerevoli conflitti hanno finora trovato una soluzione in ambito istituzionale e non al di fuori. L’Assemblea Nazionale Costituente ha tenuto duro, contro ogni pronostico , in particolare contro le richieste del suo scioglimento dell’estate 2013.
Lo svolgimento del “dialogo nazionale”, avvenuto al di fuori delle istituzioni rappresentative legali, ha parzialmente permesso un’ uscita dalla crisi e tutti i politici , i sindacati e la società civile si sono detti globalmente soddisfatti. Questo, di per sé, rappresenta un successo . Tuttavia , a quasi quattro anni dall’inizio della rivoluzione, ci troviamo di fronte a un chiaro fallimento : quello delle forze democratiche della sinistra , così come quello dei gruppi rivoluzionari. Questi ultimi hanno dalla loro parte la spontaneità e la radicalità, mentre le prime posseggono un reale potenziale di popolarità tra le classi medie e popolari. Tuttavia né gli né gli altri sono riusciti incidere nel dibattito o a influenzarne l’andamento. I gruppi rivoluzionari , per definizione, hanno una certa avversione per l’organizzazione e per la delega – classiche connotazioni della democrazia rappresentativa, appena emergenti in Tunisia – e le forze di sinistra non sono riuscite a unire gli attivisti e figure democratiche nei partiti in competizione . Questo, per me, è il sintomo della crisi globale della sinistra, ben al di là dei confini della Tunisia.
Pierre Puchot: I partiti politici hanno svolto un ruolo positivo nell’animare la vita pubblica?
Choukri Hmed: Innanzitutto dobbiamo intenderci sulle parole. La maggior parte dei partiti tunisini non sono tali. Per lo più si tratta di “club” di riflessione che procedono per cooptazione e influenza, ma che non hanno nessuna base solida o un programma coerente. In questo non c’è nulla di sorprendente : non è in quattro anni che le pratiche democratiche e le capacità di sostenere dibattiti di parte possano essere interiorizzate dai militanti . Molti di questi, inclusi quelli di sinistra, (ma forse soprattutto loro), si sono defilati per frustrazione o per ripicca.
Spesso si dice che la colpa è della vecchia generazione. Ciò è vero solo in parte. Piuttosto la responsabilità di questa di questa situazione è da attribuirsi,più in generale, a un sistema basato sul paternalismo, la mancanza di ascolto e di pensiero critico e soprattutto un senso di diffidenza nei confronti di ogni forma di innovazione. Non essendo loro stessi “animati”, non vedo come i partiti possano divenire “animatori” della vita politica: sia perché sono sopraffatti dagli avvenimenti ( i loro leader , per lo più sconosciuti, reagiscono poco o male alle notizie nazionali e internazionali e in ogni caso non sono molto reattivi), sia perché ideologicamente obsoleti (parlo dei nazionalisti arabi piuttosto che del Partito dei Lavoratori),infine perché sono delle scatole vuote .
Ci sono certamente delle eccezioni e si conoscono : primo fra tutti il partito islamista, Ennahdha, che ha una disciplina, una parvenza di programma ,dei militanti organizzati con una amministrazione e una base più o meno solida . E’ anche questa superiorità organizzativa la fonte dell’odio che suscita fra i loro avversari. Che lo si voglia o no, sono professionisti della politica di gran lunga superiori ai loro concorrenti.
Pierre Puchot: Come si spiega che nessuna figura politica, al di fuori Rached Ghannouchi e Beji Caid Essebsi , nemmeno fra gli oppositori di Ben Ali , sia emersa da questo periodo di transizione ?
Choukri Hmed:La rivoluzione tunisina e la ” primavera araba” in generale, non ha prodotto alcun leader. Questa è una caratteristica essenziale dei movimenti di protesta in questo periodo storico . Ciò è dovuto, secondo me, non tanto alle qualità intrinseche dei “candidati alla leadership “, quanto all’atteggiamento di diffidenza del pubblico nei confronti di quanti insistono troppo su questo registro, presentandosi come salvatori o uomini e donne della provvidenza. Nessun uomo e nessuna donna fra i politici può godere oggi di una credibilità tale che possa farli aspirare ad assumere un ruolo di leadership. E’ il momento della diffidenza e questo,di per sé, non è un fatto negativo : è anche un segno che il popolo tunisino non è disponibile a essere abbindolato, né a firmare assegni in bianco a nessuna figura politica . ” I fatti, innanzitutto” , questo è stato il messaggio il messaggio inviato ai dirigenti fin dal 2011 , che essi, però, fanno fatica a comprendere.
Traduzione dal francese a cura di Patrizia Mancini
Follow Us