Tunisia: la transizione democratica in pericolo(2/3)

Intervista a Kais Said, professore di diritto costituzionale alla facoltà di Scienze giuridiche dell’Università di Tunisi (1° parte)

(a cura di Patrizia Mancini e Santiago Alba Rico)

Kais Said  è una delle figure accademiche  tunisine più autorevoli nel campo del diritto costituzionale. Durante la redazione della nuova Costituzione ha partecipato a più riprese al lavoro delle Commissioni dell’Assemblea Nazionale Costituente. Ciò nonostante, si è trovato spesso in conflitto per le priorità e i contenuti da immettere nel testo costituzionale, difendendo i principi della democrazia partecipata e le richieste rivoluzionarie che venivano dai giovani tunisini  che  il nuovo testo, a suo parere,  sembra aver lasciato da parte. Personalità indipendente, accanito difensore della gioventù tunisina e degli ideali della rivoluzione, ha sempre rifiutato incarichi di governo, ritenendo più importante partecipare  da “giocatore libero” al progetto nuovo di società che aspetta il paese.

In questi giorni è intervenuto su radio e televisioni nella diatriba attorno all’interpretazione dell’articolo 89 della Costituzione che recita: “Entro una settimana dalla proclamazione dei risultati definitivi delle elezioni legislative,il Presidente della Repubblica incarica il candidato del partito politico della colazione elettorale che ha ottenuto il maggior numero di seggi in seno all’Assemblea dei rappresentanti del popolo, di formare il governo  entro un mese, con la possibilità di prolungare quest’arco di tempo una sola volta. ….” Il giorno dopo la proclamazione dei risultati delle legislative, il presidente della repubblica Moncef Marzouki ha inviato una lettera al partito Nidaa Tounes, che ha ottenuto la maggioranza dei voti,  perché indicassero il nome del Presidente del Consiglio incaricato di formare il nuovo governo. Ma Nidaa Tounes  ha negato  che questa prerogativa spettasse a Marzouki in quanto , a detta della dirigenza  del partito di Essebsi,  le  sue funzioni erano  decadute all’indomani dei risultati delle legislative  vorrebbero  attendere che che sia  il vincitore del 2° turno delle presidenziali (previste per la fine di dicembre 2014) a esplicare questa funzione. Ma a chi spetta interpretare questo articolo?E’ perché non si vuole che sia Moncef Marzouki a dare l’incarico?

Di questa polemica,  ma anche di molto altro, abbiamo parlato con il professore Kais Said nel bel giardino della facoltà di Scienze giuridiche dell’Università di Tunisi

Tunisia in Red: Professore, entriamo subito nel vivo della famosa questione dell’interpretazione dell’articolo 89.

Kais Said: innanzitutto va detto che l’articolo in questione riguarda le l’elezioni legislative e non quelle presidenziali. Sbaglia, o è in malafede,  chi cerca di mescolare le carte in questo senso. E’ prerogativa del Presidente in carica nominare colei o colui che sarà candidato al posto di Primo Ministro su proposta del partito che ha ottenuto più seggi  alle elezioni. Quindi Moncef Marzouki non ha fatto altro che rispettare la lettera della Costituzione. Ci troviamo di fronte a una strumentalizzazione da parte  del partito maggioritario (Nidaa Tounes) che gioca a interpretare il testo  a suo vantaggio,  con la scusa che Marzouki è anche candidato alle presidenziali. In realtà, dato che il presidente agisce in un quadro ben delimitato di competenze, il suo compito è solo di mettere una firma alla proposta di Nidaa Tounes per il Primo Ministro, non può fare altro. L’utilizzo della Costituzione come strumento di potere non ne fa presagire un futuro sereno, del resto è paradossale che la parte della Costituzione che crea più problemi sia quella delle disposizioni transitorie…Questo gioco delle interpretazioni mi fa pensare a Napoleone che  quando gli dissero  : “Mio imperatore, stiamo  interpretando il vostro codice!” rispose “Ora il mio codice  è perduto”. Credo che ci troviamo  in una condizione simile e  che la nostra Costituzione sia di fatto perduta.

Tunisia in Red: in altri paesi, come in Italia, in caso di contenzioso esiste la Corte Costituzionale che può risolvere con il suo parere tale tipo di controversia. In Tunisia ancora non è in funzione tale istituzione.(1) Allora oggi  chi è abilitato a farlo? Ci sono istituzioni provvisorie che possano scioglier il dilemma dell’articolo 89?

Kais Said: Esiste un’istanza provvisoria indipendente per la verifica della costituzionalità delle leggi, ma il testo che l’ha creata non le permette di intervenire nella interpretazione della Costituzione stessa.  Si sarebbe potuto  ipotizzare una richiesta di parere al Tribunale Amministrativo che, essendo un’istituzione statale,  in questo caso  avrebbe  almeno una certa legittimità, ma purtroppo non è in grado di farlo in quanto alcune disposizioni transitorie della Costituzione gli hanno tolto questo potere.Questa possibilità  sarebbe stata in ogni caso più legittima che affidarsi alle interpretazioni  del famoso “Dialogo Nazionale” (2) : non abbiamo a che fare con una istituzione che possa intervenire con un potere decisionale in questo genere di problematiche. O c’è la Costituzione o non c’è! e il “Dialogo Nazionale” è stato istituito in Tunisia e  in altri paesi come lo Yemen, la Libia o  la Siria, come soluzione passeggera ai problemi di legittimità del potere e delle istituzioni in momenti eccezionali di crisi e doveva svolgere funzioni transitorie.  Non può e non deve decidere nulla. Può fare proposte e porsi come mediatore , ma per le decisioni ci sono le istituzioni dello Stato e il punto di riferimento fondamentale  rimane la Costituzione. Ora si dice che la decisione di rimandare  l’elezione del Primo Ministro è stata presa all’unanimità…Ma di quale unanimità stanno parlando?Molti dei deputati che partecipavano al Dialogo Nazionale non sono più presenti neppure in Parlamento, dato che non  sono stati rieletti!La gestione dello Stato non può essere affidata a circoli ristretti.

Tunisia in Red: il presidente uscente  Moncef Marzouki, in lizza contro Beji Caid Essebsi per la poltrona di presidente,  ha presentato 8 ricorsi  al Tribunale amministrativo riguardanti il primo turno delle presidenziali. Ciò è legittimo?

Kais Said: Certamente, è nel suo pieno diritto, anche se si può intravedere nella sua azione  una componente politica e cioè il voler rimandare la data del 2° turno in modo da poter prolungare la propria campagna elettorale. Tuttavia, ritengo che qualunque decisione emani  dal Tribunale Amministrativo non potrà avere alcun impatto sul risultato di queste  elezioni, bensì sulle elezioni generali, poiché ne esce svilita l’immagine dell’ISIE (L’istanza che sovrintende alla preparazione e allo svolgimento delle elezioni) che non è riuscita a imporre con fermezza una “politica” precisa allo  svolgimento delle elezioni che  potesse  impedire molti dei  comportamenti irregolari nei seggi che hanno poi  dato il via ai ricorsi.

Tunisia in Red: La Costituzione può rappresentare una difesa contro le minacce alla democrazia che si intravedono in questi giorni?

Niente affatto. La Costituzione tunisina del 1959 ( periodo della dittatura di Bourghiba), se applicata in Italia o in qualunque altro paese democratico, non avrebbe potuto condurre a una dittatura.Così come è vero il contrario e cioè  che la Costituzione italiana in Tunisia non avrebbe portato alla democrazia. Il problema non  è il testo, ma l’idea che ci  si fa della Costituzione. Dimostrazione di ciò è il margine di libertà esistente in Tunisia  nel periodo precedente (dal 23 marzo 2011 al 26 gennaio 2014) l’entrata in vigore del nuovo testo. La costituzione in sé non è un mezzo per produrre democrazia, non è una tecnica di libertà, come ha detto Benjamin Constant, è piuttosto una tecnica del  potere per esprimersi.Qualunque diritto,  qualunque riferimento al diritto internazionale può essere garantito  nel testo, ma allora perché i trattati  internazionali  in materia di diritti dell’uomo  ratificati dalla Tunisia all’Onu o nell’ambito della Lega degli Sati Arabi e dell’Unione Africana  non sono rispettati? Vi è un arsenale giuridico molto importante che garantisce le libertà…Ma perché allora queste  libertà non sono divenute effettive? Perché, lo ribadisco, la Costituzione è una tecnica del potere. E un tipico esempio è dato dalla controversia sull’articolo 89.

Tunisia in Red: Seguendo questo suo ragionamento, quindi tutte le Costituzioni sarebbero kalam fareg (parole vuote), carta straccia?

Kais Said: Non esattamente. Possiamo dirlo per la Tunisia perché, lo ripeto, si è organizzato il potere per esercitarlo. Non è così per la Costituzione degli Stati Uniti: lunga e complicata, con articoli mal rivisti (parliamo di una Costituzione scritta alla fine del 18° secolo), eppure  pervasa da corrispondenze, da osmosi fra l’organizzazione politica e la società. In Gran Bretagna, per farvi ancora un esempio, esiste quella che da 30 anni definisco  una costituzione “coutumiére”, della consuetudine, dato che non c’è una Costituzione scritta. Ogni cittadino sembra averne interiorizzato i principi. In altri paesi occidentali esiste una corrispondenza fra i valori espressi nella società e quelli consacrati dal testo scritto. Poi vi è  l’esperienza della nuove costituzioni scritte in alcuni paesi  dell’America Latina che sono ben riuscite in quanto rappresentano una cesura netta con le fasi storiche precedenti e esprimono il potere che emana direttamente dal popolo e i contenuti delle rivendicazioni popolari. In Tunisia, come in altri paesi in via di sviluppo, abbiamo ricalcato alcuni modelli senza averli interiorizzati.

Note:

1) Secondo l’articolo 148 delle disposizioni transitorie della nuova Costituzione, dapprima occorre formare il Consiglio Superiore della Magistratura entro sei mesi dalla data delle elezioni legislative (aprile 2015) poi si potrà formare la Corte Costituzionale entro un anno, sempre a partire dalla data delle legislative.

2) A seguito della gravissima crisi che attraversò il paese all’indomani dell’uccisione del deputato dell ‘Assemblea Nazionale Costituente Mohamed Brahmi, membro del Front Populaire,  la potente centrale sindacale dell’ UGTT, il sindacato padronale dell’ UTICA e due organizzazioni importanti della società civile (Ordine degli Avvocati e Lega dei diritti dell’uomo) affiancati da una ventina di partiti e dell’opposizione,  lanciarono il “Dialogo nazionale” che portò alle dimissioni del governo (composto dal partito a ispirazione islamica Ennahdha,  dal Congrés pour la Rèpublique et Ettakatol) e alla formazione di un governo di “tecnocrati”.

La prima parte delle osservazioni su questa fase di transizione è stata pubblicata  il 27 novembre 2014 :  http://www.tunisiainred.org/tir/?p=4452