Intervista a Kais Said, professore di diritto costituzionale alla facoltà di Scienze giuridiche dell’Università di Tunisi (2° parte)
(a cura di Patrizia Mancini e Santiago Alba Rico)
Tunisia in Red: la base per una democrazia reale dovrebbe implicare la definizione dei poteri a livello locale. Ma allora perché, all’indomani della rivoluzione, non si sono fatte le elezioni municipali?
Kais Saied: perché bisognava innanzitutto attuare una revisione della divisione territoriale. In Tunisia non si può parlare strettamente di municipalità in quanto esse non coprono tutto l’insieme del territorio e questo momento hanno competenze assai ridotte, sotto la tutela dei governatori. Quindi non possono essere altro che un prolungamento del potere centrale. Consultato dalla Commissione per la Costituzione durante i lavori dell’Assemblea Nazionale Costituente, ho presentato il mio progetto per uno Stato Regionale, sul modello italiano, tratto dai miei studi di diritto comparato riguardanti l’argomento delle autonomie: cittadini e cittadine che si riappropriano del potere locale e partecipano a una diversa organizzazione del regimo politico-amministrativo, cioè ribaltano la piramide del potere. Ciò significa partire dal potere locale per arrivare al nazionale, passando per il regionale, Sono convinto che questo sia il giusto approccio, quello di uno Stato regionale all’interno di uno stato unitario.La Tunisia è divisa in 24 Governatorati a cui afferiscono 264 delegazioni. L’ideale, a mio avviso, sarebbe la costituzione di un Consiglio locale per ciascuna delle Delegazioni i cui membri vengano eletti a suffragio universale e con scrutinio uninominale: in questo modo l’eletto si sentirà direttamente responsabile di fronte a chi lo ha votato (cosa che finora non è accaduta nella Tunisia post-rivoluzionaria, dove sembra che ciascun eletto renda conto soltanto alle istanze centrali del proprio partito). Il Consiglio locale curerà l’elaborazione del progetto economico e sociale specifico del territorio. Inoltre, dai consigli locali dovrebbe emanare un Consiglio Regionale per ciascun Governatorato. Ciascun consiglio regionale, a sua volta, dovrebbe eleggere fra i suoi membri un suo rappresentante presso l’Assemblea del Popolo (così è stato chiamato il parlamento tunisino).
Tunisia in Red: la nuova Costituzione tunisina prevede la messa in opera di questa decentralizzazione dei poteri?
Kais Saied: Certamente, vi è l’intero capitolo VII che è dedicato a questo argomento, inoltre esiste un intero arsenale giuridico che può essere utilizzato a questo riguardo. Ma il vero problema, a mio avviso, è che il clima politico attuale non ne permetterà l’attuazione e le istituzioni politiche locali rimarranno la mera espressione del potere centrale. Stiamo facendo passi indietro. Ripeto, la Costituzione è stata scritta usando concetti sorpassati, quando invece sarebbe stato necessario un modo nuovo di pensare perché il pensiero classico, tradizionale ha prodotto un corollario di falsi problemi, come quello dell’identità o del ruolo della religione, (risolti nel nostro paese dalla storia!) che hanno distolto l’attenzione dalle questioni centrali, compromettendo seriamente persino la futura interpretazione dell’organizzazione decentralizzata del potere. Il cittadino, per essere tale, deve avere i mezzi per partecipare al potere e questa è la caratteristica di ogni democrazia futura, in Tunisia come altrove.
Tunisia in Red: a proposito di clima politico attuale, in questi giorni Nidaa Tounes, che formerà il prossimo governo, ha dichiarato di voler cambiare il presidente dell”‘Istance Verité et Dignité” (l’istituzione che dovrà occuparsi della giustizia di transizione) o, addirittura, di scogliere l’istituzione stessa Lo può fare?
Kais Saied: in questo campo non può essere il governo a decidere, ma dovrà essere eventualmente il Parlamento a farlo, anche se non penso che sarà possible sciogliere l’IVD, forse si prenderà l’iniziativa di ridisegnarla o di organizzare diversamente la giustizia di transizione tramite la modifica della legge relativa. Ma mi chiedo se l’IDV stessa potrà veramente fare qualcosa, dal momento che molti personaggi del vecchio regime sono già stati discolpati dalla giustizia ordinaria. La giustizia di transizione andava organizzata prima, poi si sarebbe potuto andare a votare. Ora è tardi, la “transizione” si è già compiuta!
Tunisia in Red: Che cosa succederà se Beji Caid Essebsi vincerà le elezioni presidenziali?
Kais Saied: Normalmente il centro del potere dovrebbe essere la Kasbah (nella grande piazza della Kasbah si trova la sede del governo n.d.a.), ma se Essebsi vince, il governo diventerà il governo del presidente della Repubblica e non del Primo Ministro. Ma non basta: occorre considerare che la composizione della futura Corte Costituzionale sarà nelle mani del partito dominante, dato che 1/3 deve essere nominato dal presidente della Repubblica, 1/3 dall’Assemblea del Popolo (dove Nidaa Tounes detiene la maggioranza)e 1/3 dal Consiglio Superiore della Magistratura (anche per la formazione di quest’ultimo che dovrà avvenire entro 6 mesi dalle elezioni legislative, si può prevedere un’influenza del partito maggioritario). In una situazione in cui l’apparato del vecchio regime, lo Stato “profondo” non è stato smantellato, si tornerà al punto di partenza, cioè al partito unico, ( anche per la responsabilità del partito islamista Ennahdha che, anziché affidarsi alla volontà popolare, ha cercato ancora una volta alleanze con i partiti).
Tunisia in Red: possiamo ancora parlare di rivoluzione in Tunisia?E i giovani che cosa stanno facendo?
Kais Saied: Innanzitutto cercando di definire questa fase che è cominciata nel dicembre 2010, la politica si trova a disposizione un linguaggio assai povero. Non possiamo definirla una rivoluzione, ma forse una situazione rivoluzionaria. Tradizionalmente, una rivoluzione ha dei leaders e questo non è il caso della Tunisia. E’ stata una rivoluzione dei giovani che, tramite le loro rivendicazioni, le loro domande e i loro slogan, esprimevano precisamente quello che volevano. Avevano soltanto bisogno di nuovi mezzi per realizzare i loro obiettivi, dato che non ne volevano sapere di utilizzare schemi prefabbricati imposti da politici o politologi. Durante i movimenti della Kasbah del 2011, mi sembrava di vivere un sogno. E’ stata la prima volta in cui mi sono sentito pienamente cittadino, il momento in cui la società si è fatta carico di sé . I giovani partecipavano alla gestione degli affari correnti, mantenevano l’ordine e si occupavano persino della nettezza urbana. Durante la seconda fase dei sit-in, però, si sono resi conto che nuovamente veniva loro sottratto il potere e si sono ritirati. Chi inizialmente aveva optato per una soluzione collettiva, è tornato a fare scelte individuali. Ora vi è rassegnazione e disperazione, alcuni cercano di partire per l’Europa, altri si iscrivono a un partito, non perché ne condividano appieno l’ideologia, ma per trovarvi una sorta di rifugio. Non riescono a riorganizzarsi perché privi di strutture di riferimento. Sono i vecchi partiti che si sono imposti e non hanno lasciato la possibilità ai giovani di occupare nuovi spazi. Ha vinto la Kobba contro la Kasbah (1) E anche io, come la maggioranza di loro, non ho partecipato alle elezioni. Sfortunatamente, abbiamo perso il treno della storia, stiamo facendo dei passi indietro perché invece di cercare nuovi mezzi di azione, una nuova organizzazione politica e sociale, abbiamo messo la marcia indietro alla rivoluzione, con la complicità pressoché totale di tutta la classe politica tunisina, sinistra inclusa, che non ha impedito il ritorno del vecchio regime, in un clima avvelenato ove ogni rappresentante politico sembra trarre la propria legittimità non da un progetto o da un programma politico, ma dal rifiuto dell’altro.
Tunisia in Red: la democrazia formale minacciata e i giovani nuovamente emarginati.Nessuna speranza, dunque?
Kais Saied: credo che il popolo tunisino sia in attesa, credo stia osservando attentamente quello che sta succedendo e non resterà a braccia conserte. Come ho detto, c’è molta delusione e amarezza, io stesso la percepisco quotidianamente, ma non potrà durare, un giorno o l’altro il popolo tunisino sarà costretto a tornare in piazza a rivendicare i propri diritti. Che si scannino pure tra loro i politici! I giovani che hanno cercato una soluzione individuale si accorgeranno che non è una vera soluzione e torneranno a reclamare i loro diritti di cittadinanza.
1) Nel marzo 2011 alcuni partiti si riunirono nel palazzetto sportivo chiamato Cupola (Kobba) di El Menzah per reclamare ” il ritorno all’ordine” e fermare le manifestazioni e gli scioperi che “disturbavano la vita della gente normale”
Tunisia. la transizione democratica in pericolo 1° parte (Patrizia Mancini)
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