La gioventù tunisina, una forza viva condannata al torpore

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Crédit photo. Nawaat.org

Thameur Mekki

A quattro anni dalla morte di Mohamed Bouazizi, il basso tasso di partecipazione dei giovani tunisini al primo turno delle presidenziali è allarmante. Solo il 53% di chi ha fra 18 e i 40 anni ha votato, mentre il tasso nazionale è del 64%. Poco rappresentati nella alte sfere della classe politica, i giovani stentano in effetti a concretizzare i loro obiettivi di giustizia sociale, mentre si basano sulle libertà acquisite per continuare a lottare.

L’articolo 8 della nuova Costituzione, entrata in vigore nel gennaio 2014, stipula che “Lo Stato vigila affinché siano assicurate ai giovani le condizioni necessarie allo sviluppo delle loro capacità, del loro farsi carico delle responsabilità e a espandere e generalizzare la loro partecipazione al progresso sociale, economico, culturale e politico.”

La posta in gioco è alta, soprattutto se si considera che chi ha meno di 40 anni rappresenta il 70% della popolazione, secondo l’Istituto Nazionale di Statistica(INS). Ma finora i giovani “forza viva nella costruzione della nazione”, sempre secondo la Costituzione, ancora non svolgono il ruolo che essa loro attribuisce e il 18% di chi ha fra i 15 e i 29 anni è inattivo e non scolarizzato.

La città di Tunisi la più colpita dalla disoccupazione.

Il tasso di disoccupazione è in costante aumento dall’inizio della rivoluzione. Ha raggiunto il 15,2% nel 2014. Sempre nella fascia di età fra i 15 e i 29 anni è passato dal 25% del 2007 al 35,2% nel 2012, secondo un’inchiesta dell’Organizzazione Internazionale del lavoro (OIT) (1). I giovani sono sempre i più colpiti.”Fino ad oggi si parla solo di politica. La crisi economica e sociale, vero cuore del problema, viene evitata nel discorso pubblico. Questa questione verrà a imporsi di forza nel periodo a venire,” osserva Alaa Talbi, 35 anni, direttore esecutivo del Forum tunisien des droits économiques et sociaux (FTDES) e membro del comitato direttivo della Lega tunisina dei diritti umani (LTDH).

Neppure a livello delle disparità regionali vi sono stati cambiamenti. I giovani di Sidi Bouzid e di Kasserine, regioni da dove è partita la rivoluzione, sono ancora fra i più  colpiti dalla disoccupazione. Tuttavia, contrariamente a quanto si crede, sono quelli della capitale i più puniti. Una tendenza che può essere spiegata dalla crescita demografica che la capitale ha conosciuto a seguito delle grandi ondate di migranti interni che qui si sono stabiliti durante gli ultimi decenni. Ciò non toglie che comunque essi siano più favoriti ad altri livelli, come per l’accesso alle scuole superiori.

A questo proposito è stato fatto uno studio (2) che rivela come, dopo tre anni, niente sia cambiato. A titolo d’esempio, un diplomato di Tunisi ha 6 volte più probabilità di accedere agli studi medici di un diplomato di Siliana (regione dell’interno),12 volte più di un diplomato di Tataouine (estremo sud). Un diplomato di Sfax (2° città della Tunisia) ha sette volte più chances di accedere agli studi di ingegneria rispetto al suo omologo di Tataouine, così come per un diplomato di Tunisi è 26 volte più agevole accedere a una “grande école di gestione rispetto al suo omologo di Gabed (centro-sud).

Confinati al “servizio d’ordine”

L’assenza nella classe politica di una cassa di risonanza delle preoccupazioni dei giovani ha provocato una crisi acuta di sfiducia. Ne testimonia un rapporto della Banca Mondiale del 2014 sugli ostacoli che esistono all’inclusione dei giovani. L’inchiesta rivela come il 68% dei giovani urbanizzati e il 91% di quelli delle regioni dell’interno e delle campagne non abbiano fiducia nelle istituzioni pubbliche e nel sistema politico.” I giovani vengono marginalizzati all’interno dei partiti politici”osserva Talbi”Li si coinvolge soltanto per fare il servizio d’ordine nelle manifestazioni”ironizza.

Da quando i tunisini hanno messo fine al regime autocratico di Zine El-Abidine Ben Alì, lo Stato ha dovuto affrontare diversi cambiamenti istituzionali e legislativi. Durante tutta la transizione le riforme politiche sono state spesso prioritarie a detrimento di quelle economiche e sociali. La creazione di istituzioni che assicurassero la transizione, la loro organizzazione e gli equilibri politici che dovevano regolarle hanno dominato il dibattito e egemonizzato l’attenzione. Gli screzi politici fra progressisti secolari e islamici conservatori hanno orientato i vari protagonisti politici e mediatici verso un interesse quasi esclusivo per il modello societario. La forte repressione e la confisca della libertà d’opinione sotto la dittatura hanno precluso alcune discussioni cruciali, fra cui quelle che riguardavano le libertà individuali. La caduta di Ben Alì le ha rimesse sul tavolo. E dal 2013, con la crescita del terrorismo jihadista, si è andata imponendo la questione securitaria, marginalizzando così i problemi economici e sociali. La competizione elettorale non ha fatto che rafforzare questa tendenza.

Partecipazione politica di “circostanza”

Il fossato generazionale fra le istanze elette e i giovani è enorme. Soltanto il 20% dei membri della nuova Assemblea dei rappresentanti del popolo (il nuovo Parlamento tunisino) eletti da poco ha meno di 40 anni. Per quello che concerne l’Assemblea Costituente (2011-2014), l’età media era di 50 anni. “All’indomani della rivoluzione, dicevano- bravi i giovani!- ma quando non hanno voluto rinunciare al loro ordine di priorità, c’è stato un -arrivederci, giovani!-” dichiara Sofien Belhaji,,alias Hamadi Kaloutcha, 32 anni, cyberattivista e militante per i diritti umani. Dopo la caduta della dittatura, è stato membro di una specie di assemblea nazionale ad hoc, attiva fino alle elezioni dell’ottobre 2011. Si tratta dell’Alta Istanza per la realizzazione degli obiettivi della rivoluzione, della riforma politica e della transizione democratica. (Hiror). “ Non eravamo molto numerosi e non siamo riusciti a pesare”ribatte Kaloutcha, quando gli chiediamo di valutare la sua esperienza e quella dei giovani in seno all’Hiror.

Una delle esperienze più interessanti in questo senso è quella di Slim Amamou. Questo cyberattivista incarcerato durante la rivoluzione ne è uscito la sera del 13 gennaio, prima di essere nominato, all’età di 33 anni, segretario di stato per la gioventù il 18 gennaio.” E’ stata l’occasione per osservare da molto vicino questo governo di cui non ci fidavamo. La posta in gioco maggiore era la tenuta delle elezioni. E volevo assicurarmi che si fosse sulla strada giusta”confida Amamou che vi è restato solo qualche mese.” Non avevo alcun potere decisionale. Era un governo privo di legittimità. Gli unici ministri che avevano potere decisionale erano il Premier e i ministri della Difesa e degli Interni.”

Liberi di esprimersi e di organizzarsi

Se questi giovani che si sono impegnati nella rivoluzione non sono riusciti a farsi rappresentare politicamente, tuttavia sono arrivati a realizzare uno dei loro obiettivi, quello della libertà d’opinione, dopo una battaglia instancabile contro la censura. Sul web la Tunisia è oggi è classificata 39° nel mondo, secondo l’ultimo rapporto sulla libertà d’espressione in Internet a cura dell’organizzazione americana Freedom House, piazzandosi in questo modo in prima posizione in Nord Africa e Medio Oriente. Quanto alla libertà di stampa, il progresso è notevole. Alaa Talbi, Sofien Belhaji e Slim Amamou, così come tanti giovani della loro generazione, sono unanimi: la libertà d’espressione e di organizzazione sono le principali conquiste della rivoluzione, malgrado ci sia stata qualche “ricaduta” passeggera. “Sono queste due conquiste che ci permetteranno di proseguire la battaglia. Ieri, combattevamo contro la dittatura con delle forchette, oggi abbiamo dei bazooka” afferma Kaloutcha.

Fra il 2010 e il 2013 il numero di associazioni in Tunisia è quasi raddoppiato (3). Dopo la rivoluzione il paese ha conosciuto un vero e proprio “boom” associativo, soprattutto dopo la messa a punto di un nuovo inquadramento legale che organizza le associazioni, avvenuto nel settembre 2011. Lo studio della Banca Mondiale precisa che “malgrado i bassi tassi di partecipazione alle associazioni, 9 tunisini su 10 danno importanza al volontariato all’interno delle organizzazioni della società civile”(4).Nolens volens, alcune associazioni fondate e dirette da giovani giocano un ruolo molto importante nel processo di transizione.

L’invecchiamento della classe politica non facilita le cose. E il fossato generazionale rischia di accentuarsi ulteriormente nel quinquennio a venire.

I discorsi di Beji Caid Essebsi (88 anni) e di Moncef Marzouki (69 anni), entrambi candidati al secondo turno delle elezioni presidenziali, tendono al paternalismo, con il rischio di vedere i propri “figli” uccidere (politicamente) i padri.

Ben Alì, che li ha visti crescere sotto il suo reame, ne sa qualche cosa.

 

 

1Transition vers le marché du travail des jeunes femmes et hommes en TunisieWorld4youth, Observatoire national de l’emploi et des qualifications, n° 15, juin 2014.

4Ibid.

Source: http://orientxxi.info/magazine/la-jeunesse-tunisienne-une-force,0773

Traduzione dal francese a cura di Patrizia Mancini