Hafawa Rebhi
“Una fabbrica di disgrazie”, l’espressione che Albert Londres (1) aveva utilizzato nel 1932 per descrivere i bagni penali delle colonie francese potrebbe facilmente sormontare gli ingressi di decine di scuole nella Tunisia del 2015. Queste scuole disastrate, molte delle quali non hanno neppure porte e grate protettive, non smettono di “arredare” lo spazio audiovisivo e mediatico dalla caduta del regime di Ben Alì. Fu allora che milioni di tunisini scoprirono queste scuole, quasi sgomenti, con un senso di sbalordimento misto a desolazione.
E’ caduta la cortina di ferro
Le spedizioni delle organizzazioni umanitarie locali ai confini della Tunisia profonda, in particolare alle frontiere con l’Algeria o nelle zone rurali, completamente dimenticate dallo Stato, da allora si sono fatte frequenti. Forniture scolastiche, derrate alimentari, scarpe, vestiti pesanti e coperte durante il grande freddo: l’aiuto ai tunisini poveri continua, bene o male, a diffondersi a fronte dell’incapacità dei governi”rivoluzionari” di ridurre il cattivo stato delle “regioni dell’ombra” che Ben Alì un tempo aveva detto voler illuminare.
E tuttavia non è senza imbarazzo che i tunisini poveri accettano questi aiuti. Dato che la “carità” è ingombrante, imbarazzante e , a volte, persino umiliante, è nella logica del pieno diritto inalienabile e del rifiuto dell’assistenzialismo che milioni di questi cittadini rivendicano progetti di sviluppo per le loro regioni.
La rivendicazione declinata durante l’inverno 2010/2011 a mezzo dell’ormai universalmente conosciuto trittico “lavoro, libertà e dignità” ha alimentato la maggior parte dei movimenti sociali che hanno scosso le grandi città, di fronte alla sede del parlamento, nella piazza della Kasbah, sede del governo, nei viali e nelle piazze delle città o nelle fabbriche colpite dalla crisi economica.
Ma laggiù, nelle contrade e nelle borghi dimenticati, scolari e liceali continuano ogni giorno a percorrere il cammino verso le scuole, in silenzio.
Chiraz è una di questi bambini. Ha vissuto 12 anni a El Alaâ, nel governatorato di Kairouan, nel centro ovest del paese. E’ stata un’allieva studiosa. Ogni mattina, durante i suoi primi sei anni di scuola, doveva fare a piedi molti chilometri, attraversando un torrente, una foresta e un cimitero per raggiungere la sua aula.
All’inizio dell’anno scolare 2014/2015, il suo primo anno alle medie, la ragazzina si era dovuta iscrivere a un convitto. Nel dormitorio, al refettorio e nelle aule di studio, a sentire sua madre- invitata in una trasmissione televisiva- la vita della giovanissima collegiale è stata un calvario. Un calvario e una vita miserabile ai quali la bambina ha messo fine, durante un weekend a casa, impiccandosi al mandorlo spoglio della sua casa natale.
Alla fine di questo che è stato un inverno particolarmente burrascoso e umido, mentre i mandorli cominciano appena a germogliare, continua la battaglia quotidiana di altre migliaia di giovani combattenti che resistono ancora all’ intransigenza della vita.
E se qualcuna di queste battaglie si è potuta conoscere, in particolare grazie a trasmissioni come « Yawmiyyat Mouwaten » (Giornate di un cittadino) in onda sul canale privato Al Hiwar Attounisi, moltissime altre vengono condotte nel silenzio delle immense praterie della vallata di Medjerda e sui vuoti sentieri sinuosi delle steppe centrali.
Gravi privazioni
Le testimonianze degli scolari poveri, i loro sguardi penetranti, i loro silenzi traboccanti di senso, le loro parole sagge e ottimiste e la loro fame di sapere sono alla base dello studio condotto nel 2013 dal Segretariato di Stato allo Sviluppo e alla Cooperazione Internazionale e dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF). Poco mediatizzato, lo studio che intraprende “un’analisi della povertà infantile in Tunisia,rivela pertanto una situazione di profonde privazioni fra i bambini che vivono nelle zone rurali.
I bambini deprivati, secondo la definizione che ne fa l’Unicef sono “quelli che non hanno accesso alle risorse di cui hanno bisogno sul piano materiale, spirituale e affettivo per sopravvivere, svilupparsi e sviluppare appieno le proprie capacità”.
Questi bambini sono particolarmente numerosi nei governatorati del centro-ovest del paese. A Kasserine e Kairouan la mancanza di un’ educazione adeguata riguarda una parte significativa dei bambini al di sotto dei 14 anni, rispettivamente l’11.5% e il 10.6%”.
Nella categoria dei ragazzi fra i 15 e i 17 anni, questi tassi si alzano rispettivamente al 36% e 29%. Nelle zone rurali più diseredate è fin troppo facile constatare come il diritti di accesso alla salute, all’acqua potabile o all’informazione non siano più diritti universali.
Secondo il rapporto, “ i giovani che hanno meno di 18 anni rappresentano un terzo della popolazione tunisina e numerosi sono quelli che vivono in condizioni di povertà o difficili che impediscono loro di usufruire di uno o più dei loro diritti”
Il fatto che un numero elevato di giovani siano privi di una educazione adeguata è una porta che si apre sopra un abisso senza fondo. Quello dell’abbandono scolare, della depressione, del suicidio o ancora della tratta di esseri umani.
Riforma
Le infrastrutture decrepite delle scuole e dei collegi pubblici nelle zone povere preoccupa particolarmente gli insegnanti che condividono la lunga quotidianità degli alunni. Per Nejib Abdelmoula, ispettore generale dell’insegnamento, il declino delle infrastrutture evidenzia il problema della dignità dell’essere umano e le condizioni minime che deve assicurare una istituzione scolastica.
Khalil Ben Abbes, ispettore nelle scuole primarie, condivide l’opinione del suo collega Nejib Abdelmoula e di altri specialisti dell’educazione riunitisi nel quadro di un ciclo di riflessioni organizzato a fine febbraio dalla rete associativa «Ahd» sul tema della riforma dell’insegnamento.
Khalil Ben Abbes, visibilmente segnato dalle sue missioni di ispezione sul terreno, si chiede se sia mai possibile un giorno fondare una scuola per i cittadini in assenza di qualunque nozione di giustizia sociale. A suo avviso l’insegnamento non è né universale né unificato.”Ci sono scuole dove si comincia a insegnare a gennaio e dove spesso gli insegnanti sono dei supplenti o precari privi delle competenze necessarie.” constata.
E’ che la messa a punto delle scuole e del sistema educativo è un’opera imponente che deve avere come prerequisito tutta una dinamica dello sviluppo. Il Ministro dell’educazione ha detto che se ne farà carico. I sindacati dell’insegnamento primario e secondario posizionano anch’essi la riforma dell’insegnamento in testa alle loro rivendicazioni .
Mentre le due controparti governativa e sindacale litigano sulla maniera di avviare questa riforma e sembrano impegnarsi in un duello senza vincitori, decine di scuole sono danneggiate dalle acque del fiume Mejerda e delle grandi dighe del Nord. Presto il livello dell’acqua scenderà e gli scolari di Jendouba e Beja riprenderanno il cammino verso scuola, senza neppure aspettare che il terreno sia asciutto.
1) Albert Londres, famoso giornalista francese negli anni 20/30, specializzato in réportages sugli “esclusi”
Versione originale dell’articolo : http://www.webdo.tn/2015/03/03/ecoles-et-colleges-des-zones-rurales-en-tunisie-les-grands-absents-du-debat
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