Daoud Abdelmonem Faleh
Gli idrocarburi. Per questa droga gli imperialismi hanno condotto guerre, distrutto paesi, deportato popolazioni, annientato civiltà. Ne sono mostruosamente ossessionati. Questa materia prima che chiamiamo l’Oro Nero, non ha portato altro che oscurità. Non ha seminato altro che morte e distruzione, dal medio Oriente fino al Darfour.
Questa distruzione continua in modo sistematico con il gas di scisto. Alcune lobbies si attivano in questa guerra dichiarata per il dominio delle risorse. Ciascuno guida le sue truppe, negoziando allo stesso tempo la propria parte di guadagno, per quanto derisoria. Ora non sembra che vi sia consapevolezza sul fatto che l’avvenire di tutta l’umanità sia nelle energie rinnovabili, in particolare l’avvenire della Tunisia! Anche qui si combatte nell’ombra una battaglia, e non la meno importante. I grossi squali stanno già azzannando la preda.
Il codice sulle energie rinnovabili è stato discusso dapprima all’Assemblea nazionale Costituente, poi nel nuovo parlamento. Nessuno riesce a immaginare le promesse che ha potuto fare il precedente premier Jomâa, ammanicato con la Total e l’Utica (la Confindustria tunisina n.d.t), ai suoi supposti finanziatori, sullo sfondo di questo stesso codice.
Gli operatori della STEG (l’azienda pubblica per il gas e l’elettricità, n.d.T.) hanno manifestato contro tale progetto che concede la produzione al settore privato. Le nostre terre saranno vendute/affittate a prezzi minimi ai produttori e il guadagno sul costo di produzione non si rifletterà nella bolletta dell’elettricità! Friaa (l’ultimo ministro degli Interni di Ben Alì) aveva investito in una società che si occupava di energia solare. I tedeschi il cui ambasciatore ha mangiato il famoso méchoui (agnello alla brace, n.d.T.) con Jomâa hanno gli occhi puntati su questo progetto (possiedono una delle tecnologie più avanzate nel fotovoltaico).
Sì, vogliamo instaurare la trasparenza nella gestione delle risorse naturali, sì, vogliamo concretizzare la sovranità del popolo e di chi vive sul territorio, sì, vogliamo una buona governance partecipativa in tutti i settori e non soltanto quando si tratta di idrocarburi. Sì, vogliamo una parte degli introiti per le zone di sfruttamento che sono direttamente colpite dall’inquinamento causato dalla produzione. Sì, vogliamo che questa produzione avvenga nel rispetto della natura e del diritto a un ambiente pulito per le generazioni future.
Ma poi in questa campagna e contro-campagna che si sta svolgendo a riguardo chi vediamo? Delle lobby che si fanno la guerra dividendo la popolazione. Delle società di sfruttamento che escono dal mercato tunisino per essere rimpiazzate da altre (di cui la maggior parte sono di recente creazione) e nel frattempo i dossiers sulla corruzione vengono insabbiati…
Aprire un dossier? Un grande SI’! Ma di che dossier stiamo parlando? A che scopo?Non vogliamo essere le spie delle lobby e dei gruppi di pressione. Non vogliamo essere carne da macello nelle battaglie di altri. Sappiamo tutti che alcuni partiti politici dominanti si stanno attivando su questo dossier e vogliono posizionarsi come garanti locali della continuità del business delle forze imperialiste in questo minuscolo angolo di mondo che però potrebbe influire sul mercato globale! Le nostre rivendicazioni per la sovranità non possono attuarsi con la dominazione di questa oligarchia e dei suoi bracci politici. Le nostre rivendicazioni non possono unirsi a quelle di corrotti che agiscono in un sistema corrotto. Le nostre rivendicazioni devono passare per l’abolizione di questo sistema politico-economico di dominazione oligarchica.
Continuare a dire che le le nostre rivendicazioni sono a carattere sociale e non politico di fatto esclude queste masse dal campo dell’azione che può trasformare il paesaggio. Significa escludere quella fascia che ha interesse a che si operi un cambiamento reale nella vita politica ed economica con un capovolgimento delle relazioni di dominio. Le nostre rivendicazioni SONO politiche per eccellenza. Tuttavia senza voler sacralizzare queste masse, l’intellettuale organico si vede affidare la missione di chiarire loro le vere poste in gioco delle lotte da condurre e non indurli in errore nelle battaglie fra i clan.
Il fine non è diventare il rappresentante di queste masse, il fine è di portare delle masse coscienti e istruite a fare loro stesse politica e di non lasciare che “gli altri”la facciano al posto loro.
Questo dovrebbe essere il manifesto di un movimento sociale largo e inclusivo, non settario, contro un sistema oligarchico che si assicura il dominio soltanto per mezzo dei partiti al potere e un’opposizione confezionata su misura.
traduzione dal francese a cura di Patrizia Mancini
L’articolo è apparso qui in francese il 27 maggio 2015: http://www.mag14.com/national/40-politique/2997-oui-on-veut-la-transparence-et-pas-seulement-pour-le-petrole.html
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