Contro l’impunità e per la giustizia di transizione: segnali di rivolta

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Patrizia Mancini e Hamadi Zribi

Il 25 marzo 2015 il presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi, in una intervista a un periodico francese ,dichiarava: “E’ necessaria una riconciliazione nazionale . La giustizia di transizione non può condannare tutti, ma è servita a consolare il cuore delle vittime del vecchio regime. Noi dobbiamo smetterla di regolare i conti con il passato. Bisogna girare pagina e far sì che i tunisini che possiedono denaro (i seguaci di Ben Alì) riprendano a investire in Tunisia e siano utili al loro paese. Bisogna che ci sia una transazione fra loro e lo Stato e che essi riportino in patria i loro beni per investirli da noi”. Molti, fra gli oppositori di Nidaa Tounes (il partito del presidente, maggioritario nella compagine governativa), all’indomani della sua vittoria alle elezioni legislative e presidenziali del 2014, si aspettavano da parte di questa formazione, infiltrata da elementi di provenienza benalista, un attacco alla giustizia di transizione che infatti non è tardato ad arrivare.

La dichiarazione di Essebsi si è concretizzata, durante l’estate, in un progetto di legge proposto dalla stessa Presidenza della Repubblica, denominato “legge per la riconciliazione economica e finanziaria”(1).

In realtà in Tunisia, seppure con estremo ritardo (2) rispetto all’esigenza di verità e di giustizia che i cittadini e e le cittadine avevano espresso all’indomani della rivoluzione della dignità, nel giugno 2014 finalmente era iniziata l’attività della “Instance Verité et Dignité”(IDV). Composta da 15 membri, l’istanza ha il compito di “investigare sulle violazioni dei diritti dell’uomo commesse nel periodo che va dal 1 luglio 1955 al 31 dicembre 2013, di fornire una lista delle vittime, di raccogliere le loro testimonianze, di identificare le responsabilità dello Stato e dei suoi apparati e di creare una base dati sulle violazioni”(3). Inoltre l’IDV deve anche indagare sui crimini finanziari e di corruzione per i quali gli eventuali processi in corso potranno essere sospesi, se le clausole del regolamento di riconciliazione proposte dalla stessa IDV vengano effettivamente messe in opera.

E’ evidente che le funzioni di questo organismo, democraticamente eletto non possano e non debbano limitarsi a “consolare il cuore delle vittime”, bensì debbano accompagnare qualsiasi eventuale processo di riconciliazione, ma solo dopo aver rivelato le verità sia per quanto concerne le malversazioni, le torture e le persecuzioni che hanno subito gli oppositori dei regime di Bourghiba e di Ben Alì, sia per quello che riguarda la rete economica e mafiosa che ha avviluppato il paese per lunghi anni, impedendo agli imprenditori onesti di poter contribuire a uno sviluppo sano delle capacità economiche e d’impresa della Tunisia.

Quindi, se Il progetto di legge per la riconciliazione economica e finanziaria proposto da Essebsi nel migliore nei casi può apparire ridondante, nel peggiore si rivela una brutale amnistia di tutti i crimini economici commessi dai clan corrotti che facevano parte dell’entourage di Ben Alì, di sua moglie Leila Trabelsi e della loro famiglia.

Il testo disvela un accaparramento di funzioni che, secondo le disposizioni costituzionali, sono esclusiva prerogativa della IDV, propone amnistie e scorciatoie con la scusa del potenziale rientro di capitali nell’eventualità di un accordo con gli imprenditori disonesti e corrotti, invogliandoli a investire nuovamente in Tunisia. Propone inoltre la sospensione dei procedimenti contro i funzionari pubblici corrotti con la scusa di ripristinare l’onorabilità dello Stato e la fiducia dei cittadini in esso!

All’indomani del voto della legge contro il terrorismo che, nonostante molti punti ambigui che possono utilizzati per reprimere proteste e movimenti sociali, non sembrava aver smosso le coscienze più di tanto, qualcosa sembra risvegliarsi sotto la cappa dello stato di emergenza, imposto a seguito dell’ultimo sanguinoso attentato di Sousse.

La proposta di Essebsi infatti ha provocato un acceso dibattito non soltanto nella società civile, ma anche all’interno dei partiti.

Fra i primi a denunciare la manovra di attacco all’Instance Verité et Dignité i membri del Collectif Verité et Justice attraverso una lettera ai deputati del Parlamento (che in Tunisia si chiama Assemblea dei rappresentanti del Popolo, ARP) per invitarli a riflettere sui danni che una tale legge potrà arrecare ai principi della rivoluzione e a votare contro di essa, quando verrà presentata alla discussione parlamentare. Membro autorevole del collettivo è l’intellettuale Gilbert Naccache di cui abbiamo pubblicato sul nostro sito l’intervento contro la proposta del Presidente della Repubblica.

L’appello è stato sottoscritto, al momento in cui scriviamo, da 1600 persone.

Il collettivo si preoccupa, a ragione, della sopravvivenza dell’IDV, sottoposta ormai a ripetuti attacchi, in particolare nella persona della presidentessa Sihem ben Sedrine, da parte dei media mainstream che hanno rispolverato l’antica vena benalista della diffamazione dell’oltraggio di chiunque non si allinei alle posizioni governative.

In un dibattito organizzato nei locali stessi dell’IDV, il blogger e attivista Azyz Amami, in un durissimo intervento, arriverà a minacciare di dare fuoco alla sede del Parlamento, nel caso la legge dovesse passare, offrendo il fianco a ulteriori attacchi e persino denunce non solo contro di lui, ma anche contro Sihem Ben Sedrine. In un momento di estrema fragilità di questo organismo per la giustizia di transizione (negli ultimi giorni si sono dimessi due dei suoi membri) forse un’affermazione del genere poteva essere evitata.

Ma le uscite di Azyz, qui in Tunisia lo sappiamo, rivelano in realtà che qualcosa si sta muovendo, anche se faticosamente, i giovani si stanno “sgranchendo le gambe” per una nuova lotta, un po più isolati, forse, di qualche anno fa per la stanchezza e la delusione di tanti e l’abbandono delle istanze rivoluzionarie da parte di molti altri. Una campagna su Facebook denominata ”Io non perdono ha già raccolto 7500 adesioni, anche se poi sul terreno si dovrà verificare la reale capacità di mobilitazione.

27 agosto 2015: i partecipanti al contraddittorio organizzato da I Watch- Tunisia foto Kais Zriba

L’opposizione di sinistra rappresentata dal Fronte Popolare, dopo dichiarazioni di alcuni singoli leader, ha preso ormai posizione ufficiale contro il progetto, così come la centrale sindacale dell’UGTT. Il partito islamico di Ennahdha, al governo in una alleanza spuria con Nidaa Tounes, anche se sembra ufficialmente appoggiare il progetto di Essebsi, sta vivendo al suo interno delle divisioni. La sua base rumoreggia contro una riconciliazione che non dovesse passare attraverso la ricostruzione della verità e la deputata Sayda Ounissi, interpellata, ha detto che voterà contro.

Inoltre, alcune organizzazioni della società civile hanno organizzato il 27 agosto una conferenza stampa per annunciare la formazione di una coalizione contro la legge della “vergogna” che lavorerà in commissioni e gruppi per volgarizzare il contenuto della proposta Essebsi e diffonderlo il più possibile. L‘avvocato Amor Safraoui della “Coordination nationale indépendante de la justice transitionelle”,  nominato coordinatore della nuova coalizione, ha lamentato l’ambiguità delle posizioni di alcune associazioni come la Ligue des droits de l’homme e l’Ordine degli avvocati che sembrano optare per una proposta di legge alternativa, ancora una volta scavalcando l’Instance Verité et Dignité. Il giudice amministrativo Ahmed Souad ha indicato scrupolosamente tutte le violazioni della Costituzione contenute nel testo della legge, a partire dal non rispetto del principio della separazione dei poteri. Infatti, l’articolo 3 prevede la formazione di una Commissione per la Riconciliazione composta da 6 membri, di cui 4 sono rappresentanti dei Ministeri o della Presidenza della Repubblica e 2 dovrebbero provenire dall’IDV. Dunque, legge proposta dalla presidenza della Repubblica e commissione composta in maggioranza dall’esecutivo.

Souad ha sottolineato anche come il progetto violi il principio di eguaglianza fra i cittadini, dato che si tratta di scagionare solo una fascia ben identificata di persone, mentre tutti gli altri cittadini verranno regolarmente processati per gli stessi reati.

Da parte sua, l’economista Abdel Jalil Bedoui ha sottolineato l’incoerenza della proposta di riconciliazione persino con la stessa strategia economica del governo. In un paese dove blocco delle riforme e corruzione vanno a braccetto, nessun uomo d’affari onesto e serio avrà il coraggio di investire in Tunisia, invece saranno dei”rentiers vulgaires” che si divideranno il bottino, riproducendo il circolo vizioso della disonestà e dell’opacità. Solo uno stato di diritto (che ancora non vede la luce in Tunisia) e il completamento del percorso della giustizia di transizione potrà sbloccare la situazione economica, secondo Bedouji, cosa che non viene sicuramente garantita da i tre mesi di tempo che la commissione per la riconciliazione avrebbe a sua disposizione per esaminare i dossiers.

Nel pomeriggio un gruppo di attivisti ha manifestato contro la proposta di riconciliazione (video)  in un piccolo corteo improvvisato dalla Piazza Mohamed Alì fino all’Hotel Africa sull’Avenue Bourghiba, dove si è svolto l’evento clou della giornata. Organizzato dalla associazione I Watch – Tunisia, ha avuto luogo un contraddittorio fra chi appoggia il progetto della Presidenza della Repubblica e chi invece lo contrasta, ciascuna posizione essendo rappresentata da tre personalità. Gli interventi dal pubblico, nella sala affollatissima, hanno soprattutto ribadito che, contrariamente ai principi di trasparenza sbandierati continuamente dal governo, nessuna seria ricerca sia stata messa a disposizione dei cittadini per quanto riguarda l’importo reale delle somme che potrebbero rientrare a seguito di questa amnistia finanziaria, né che cosa si intenda fare di questi denari. Inoltre, è stato messo l’accento sullo svuotamento del potere giudiziario a seguito dell’annullamento di tutti i processi in corso nei confronti degli imprenditori fraudolenti.

Un segnale forte della vitalità di quella parte della società tunisina che ci ricorda che la sua rivoluzione è stata fatta soprattutto per la dignità, al karama.

L’approvazione di questa legge rappresenterebbe invece la vittoria dell’impunità e un umiliazione per quanti sono stati vittime della dittatura.

1) Una traduzione del testo del progetto di legge della presidenza della Repubblica, seppure non ufficiale, è disponibile qui

  1. a un anno e mezzo dalla promulgazione della legge sulla giustizia di transizione.

  2. http://www.ihej.org/wp-content/uploads/2014/02/Loi-justice-transitionnelle-Tunisie.pdf

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