Nella Grand Tunis è ancora in vigore il coprifuoco, dalla mezzanotte alle cinque del mattino, senza alcuna previsione per la sua sospensione. “L’état d’urgence” dovrebbe scadere il 24 dicembre, sempre che il governo non decida di prolungarlo ulteriormente.
Dal giorno dell’attentato il Ministero degli Interni fa bella mostra di solerzia ed efficacia, come mai era successo in precedenza. Quotidianamente appaiono sulla sua pagina Facebook informazioni e dati su arresti, perquisizioni e controlli in ogni parte del paese, quantitativamente impressionanti, ma in gran parte vaghe. Infatti nel solo mese di novembre, si legge in un comunicato pubblicato il 5 dicembre, sono stati compiuti 17.046 arresti, di questi 12. 839 riguardano persone ricercate/schedate per le quali però non si specificano i crimini o le infrazioni commesse. 443 persone sono state arrestate per aggressione, 557 per furto, ben 1646 per ubriachezza e disturbo della quiete pubblica, 1045 per motivi “vari” (sic), infine 516 per spaccio o consumo di stupefacenti.
Fra questi ultimi rientrano Adnen Meddeb e Amine Mabrouk, due giovani che lavoravano come volontari per l’organizzazione delle Journées Cinématographiques de Carthage. Il 28 novembre scorso vengono fermati a un posto di blocco della polizia, al termine della cerimonia di chiusura del Festival. Sono da poco passate le 21 e nonostante forniscano le credenziali dell’amministrazione del Festival, i due vengono fermati per violazione del coprifuoco, ma soprattutto per detenzione di stupefacenti con l’intenzione di farne uso (!). Solo che nella loro vettura non c’era alcuna traccia di droga, ma solo delle cartine per confezionare sigarette. Interrogati e trasferiti al centro di detenzione di Bouchoucha, il 1° dicembre verranno condannati a un anno di prigione e un’ammenda di 1000 dinari (circa 500 euro) per consumo di stupefacenti, senza nessuna analisi medica o prova tangibile.
Inoltre, Amal Amraoui su Nawaat.org riporta la testimonianza della sorella di Adnen Meddeb secondo la quale i due giovani sarebbero stati malmenati a Bouchoucha.
E’ un copione che si ripete e che continuerà a ripetersi se la famigerata legge 52 non verrà rivista, non ci stancheremo di dirlo, ma la sua applicazione in tempi di coprifuoco e di terrorismo assume una sfumatura ancora più perversa.
Così come la serie di brutali irruzioni della polizia nelle case di privati cittadini: molto scalpore hanno fatto le immagini delle porte sfondate in un quartiere della Goulette, non precisamente famosa per essere un covo di terroristi: 50 famiglie svegliatesi alle 2 del mattino con le armi puntate addosso,
come testimoniano in questo video girato dai giornalisti di Nawaat.org:
Le cose non vanno meglio per quanto riguarda i media: mentre molti trascurano l’etica giornalistica tralasciando allegramente l’utilizzo dell’aggettivo”presunto” davanti al termine terrorista, in occasione di arresti da parte delle forze dell’ordine, altri, di concerto con alcuni deputati del Parlamento, sembrano preferire dedicarsi alla denigrazione delle associazioni della società civile, come dimostrano i ripetuti attacchi alla ONG Al Bawsala che opera per la trasparenza e la buona governance, accusata di presentare un’immagine negativa del parlamento (ritardi, assenze, deputati “pianisti”) e alle associazioni per i diritti dell’uomo (http://www.tunisiainred.org/tir/?p=6065).
Torna ad essere violentemente attaccata e denigrata la presidente dell’Instance Verité et Dignité, Sihem Ben Sedrine, colpevole di essere un’acerrima avversaria del partito al governo Nidaa Tounes, ma soprattutto di presiedere, regolarmente eletta, l’istituzione che più disturba i cacicchi del vecchio regime, seduti nuovamente sulle poltrone del potere: l’organismo costituzionale che deve mettere in opera la giustizia di transizione. Durante la sua audizione in parlamento, dedicata all’esame del budget 2016 per questa istituzione, è stata annunciata una richiesta, da parte di 62 deputati, perché si costituisca una commissione d’inchiesta che indaghi sulle accuse di corruzione che le sono state rivolte a più riprese. La richiesta verrà esaminata prossimamente dal Parlamento.
E mentre al Ministero degli Interni si richiamano in servizio direttori della “securité” del vecchio regime, ancora la Tunisia non ha una Corte Costituzionale: è per questo che Nidaa Tounes sta tentando di reintrodurre, con la legge di bilancio in discussione in Parlamento in questi giorni, un’amnistia fiscale pericolosamente simile al contestato progetto di legge per la riconciliazione economica e finanziaria, come segnala il movimento mannich msamah.
Col pretesto della lotta al terrorismo si tenta un’accelerazione preoccupante verso le antiche pratiche dispotiche contro le quali occorrerà la massima vigilanza.
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