Patrizia Mancini e Hamadi Zribi
Sidi Hassine-Sijoumi, a 10 km dalla capitale, è una delle banlieue tunisine più emblematiche per quanto riguarda esclusione, marginalizzazione e scempio del territorio. Situata nei pressi del bordo occidentale della “sebka” (lago) Sijoumi, laddove un tempo, neanche troppo lontano, si estendevano coltivazioni di ulivi e agrumi a perdita d’occhio, oggi Sidi Hassine conta quasi 400.000 abitanti, la maggior parte dei quali si è trasferita nella zona durante uno dei tanti esodi rurali che ha vissuto il paese. Altri provengono da quartieri centrali della capitale che hanno dovuto abbandonare per l’aumento del costo degli affitti. Nella “sebka” di Sijoumi ancora oggi vengono versate acque reflue e nonostante vaghe promesse e progetti decantati sia da Ben Alì che da tutti i governi post-rivoluzionari, alcuni quartieri di Sidi Hassine non hanno né canalizzazioni né impianti fognari.
Dal punto di vista sociale, gli abitanti sono vittime di stigmatizzazione da parte dell’opinione pubblica che li considera delinquenti e potenziali jihadisti.
Adel, che qui è nato e cresciuto, ci accompagna a fare un giro nel quartiere mostrandoci lo stato di abbandono in cui versano lo stesso edificio del Comune (“Non fanno niente, è come se non ci fossero”) e alcuni negozi che avrebbero dovuto ospitare degli artigiani e che ora mostrano solo finestre dai vetri fracassati e immondizia sparsa al suolo. Nel parco giochi, anch’esso in disuso e con attrezzature fatiscenti, la sera è facile essere assaliti e derubati. Cassonetti stracolmi di rifiuti che vengono raramente svuotati, sono l’unico “ornamento” di una piazza.
Il 13 febbraio 2016, per iniziativa dell’Union des diplomés chomeurs e dell’associazione “1864” in collaborazione con il collettivo di graffitari Zwewla e un gruppo di artisti e insegnanti universitari, è proprio a Sidi Hassine che viene inaugurata la prima Università Popolare della storia della Tunisia, intitolata a Mohamed Alì El Hammi. Considerato uno dei fondatori del sindacato indipendente tunisino negli anni ’20, El Hammi aveva studiato economia a Berlino, interessandosi ai movimenti cooperativi in Germania, esperienza che cercherà di trasferire nel suo paese.
E’ con questo spirito che gli ideatori dell’Università Popolare si apprestano a radicarsi a Sidi Hassine- Sijoumi, convinti dell’importanza che conoscenza e cultura, resi accessibili agli strati più poveri della popolazione, rappresentino per l’inizio di un percorso di emancipazione. Infatti, chiunque potrà iscriversi ai corsi che si stanno organizzando, coordinati da una “squadra” scientifica composta da insegnanti di diverse materie, dalla filosofia alla sociologia, dalle scienze giuridiche alla storia dell’arte, all’audio-visuale. Fra questi, nomi illustri come quello del professore di diritto costituzionale Kais Said e di Jalel Tlili per le scienze sociali. Il coordinatore della “squadra” (mi invitano a chiamarla in questo modo, trovando troppo pomposo il termine “comitato scientifico”) è il professore di filosofia Kamel Zaghbani. Inoltre, si stanno prendendo contatti con altri insegnanti per organizzare corsi di ecologia e di storia, ma soprattutto corsi per i quali gli abitanti di Sidi Hassine mostreranno interesse.
“Tutto è basato sul volontariato e l’autofinanziamento, ma in futuro si pensa di presentare progetti per ottenere fondi” dice Ayoub Jaouadi, attore, in una intervista alla Radio Express FM.” La gestione dell’università è totalmente orizzontale e le persone del quartiere ci hanno aiutato a sistemare la sala attrezzandola con sedie, scaffali e scrivanie “ Ayoub vive a Sidi Hassine e in questi giorni si sta occupando di raccogliere le iscrizioni all’Università, alcune persone lo cercano persino a notte fonda, a casa sua, per chiedere informazioni. “Al momento abbiamo già 500 iscritti, di tutte le età, a corsi di bricolage, teatro e cinema. Abbiamo anche implementato un dopo-scuola per quegli studenti che hanno difficoltà negli studi”. Sidi Hassine è anche un quartiere dove è molto alta la percentuale di abbandono scolastico, la gratuità dei corsi e la facilitazione dell’accesso alla cultura rappresentano quindi un mezzo per favorire il ritorno agli studi di quanti vi hanno rinunciato.
Insieme a Ines Tlili, attivista e animatrice culturale, e a uno degli ideatori dell’Università Popolare, Souhaiel Idoudi, dirigente dell’ UDC, abbiamo trascorso un paio di domeniche con bambini e ragazzi del quartiere cui sono dedicate le proiezioni di film e documentari. In un clima di grande eccitazione almeno 200 fra bambini e adolescenti hanno riempito la sala e non è stato un compito facile mantenere “l’ordine”, specialmente durante il dibattito che segue la proiezione: tutti hanno una gran voglia di parlare!
Iniziative dal basso, come questa dell’Università Popolare Mohamed Alì El Hammi, dimostrano ancora una volta la vitalità di una parte della società tunisina che non si rassegna alla mediocrità imperante e non vuole lasciare alle élites la conoscenza e i saperi, che vuole riempire di cultura e di consapevolezza quei deserti dolenti che sono le banlieues tunisine, sottraendole all’estremismo religioso e alla delinquenza cui uno Stato noncurante sembra volerle abbandonare.
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