Olfa Belhassine
Il pomeriggio del 23 aprile, presso la sede del governo alla Kasbah, protetta da diversi corpi di polizia e militari armati fino ai denti, è avvenuto un incidente, finora inedito, Due uomini, che in passato sono state vittime della dittatura, si sono installati all’interno per diverse ore. Uno di loro, fuori di sé, ha minacciato di tagliarsi le vene, a qualche metro dall’ufficio del primo ministro, Youssef Chahed.
Sin dalla mattina era stato organizzato un sit-in per richiedere l’attivazione del Fondo della Dignità e della riabilitazione delle vittime della dittatura, destinato a indennizzare finanziariamente 20.000 uomini e donne. Del resto non era la prima volta che veniva attuata una tale forma di protesta a Tunisi. Qualche settimana fa alcune delle vittime si erano radunate davanti al Parlamento. In seguito avevano organizzato una conferenza stampa per ricordare al governo gli impegni presi nei loro confronti. Ma martedì il consigliere del primo ministro per la giustizia di transizione, Said Blel, ha deciso di invitare due dei manifestanti nel suo ufficio per negoziare una eventuale calendarizzazione del versamento dei fondi. Così Béchir Khalfi, islamista ed ex- prigioniero politico, autore di tre libri sulla tortura, e Makram Hajri, oppositore comunista a Ben Alì, sono entrati a palazzo.
DIALOGO FRA SORDI E LOGICA SECURITARIA
Ma all’interno la discussione degenera. La tensione aumenta, gli animi si scaldano perché il consigliere fa marcia indietro e nega di essere al corrente di questo dossier. Makram Hajri e Béchir Khalfi allora si rifiutano di andarsene dall’ufficio. Poi Béchir Khalfi minaccia di tagliarsi le vene con un oggetto tagliente. Sihem Bensedrine, presidentessa dell’Instance Verité et Dignité (IVD) viene contattata per telefono per andare in soccorso alle due vittime. Da parte sua, il funzionario governativo telefona alla Lega dei diritti umani perché venga a mediare. Sihem Bensedrine : “ Nello scambio telefonico che ho avuto con una delle vittime mi è sembrato che fosse veramente in uno stato pietoso. Sull’orlo del suicidio. L’uomo mi ha persino affidato i suoi figli”. Al loro arrivo, tuttavia, né la presidentessa dell’IVD, accompagnata da una psicologa e da un altro membro dell’Instance, né i due rappresentanti della Lega riescono a oltrepassare la soglia del palazzo del governo. “E’ stato ordinato di risolvere il problema con metodi polizieschi. Come all’epoca di Ben Alì. Di fronte a me ho trovato solo poliziotti. Avrei preferito una soluzione politica e negoziata” osserva criticamente Sihem Bensedrine.
STATO DI FERMO
In tarda serata, Béchir Laabidi, segretario generale della Lega, lui stesso vecchio militante sindacalista e dissidente ai tempi della dittatura, riesce a far visita ai due uomini, mentre si trovano in stato di fermo presso il distretto della Sicurezza Nazionale di Bab Souika, nella medina di Tunisi. La sua testimonianza:“ « Béchir Khalfi aveva una ferita in fronte, procuratasi con un pezzo di vetro che avrebbe infranto all’interno del palazzo della Kasbah, secondo il rappresentante del governo. Era stato precedentemente medicato all’ospedale Charles Nicolle e sembrava piuttosto depresso. I due uomini sono stati ascoltati dalla polizia, in attesa della decisione del procuratore della Repubblica”
Decisione che arriva verso le dieci di sera: i due uomini sono ufficialmente in stato di arresto, un fermo di 48 ore, come prevede la legge.
L’ESASPERAZIONE E LA PREOCCUPAZIONE DELLE VITTIME
L’incidente dimostra soprattutto un profondo malessere e riflette l’entità dell’esasperazione delle vittime- fra le quali alcune soffrono di situazioni precarie e si trovano nell’indigenza più completa- e la loro impazienza di fronte all’inerzia del governo incaricato di gestire il Fondo della Dignità. Da parte del governo nessun segno per una prossima attivazione di questa cassa d’indennizzo per 20.000 uomini e donne vittime di violenza fra il 1955 e il 2013 (periodo coperto dl mandato dell’IVD). E un’ulteriore fonte di inquietudine proviene da una bozza di progetto di legge redatto dai servizi del ministero per le relazioni con le istituzioni costituzionali e dei diritti umani che circola da alcune settimane in Parlamento e promette l’amnistia per chi è stato messo sotto processo dai tribunali speciali.
Da parte sua l’IVD denuncia il fatto che, finora, non è stato reso disponibile un numero di conto bancario che possa ricevere le donazioni per il Fondo indennizzi. Dal 12 gennaio 2019 l’Instance ha cominciato a diffondere le decisioni per i risarcimenti, per gruppi di persone interessate. Liste di vittime convocate per ricevere queste decisioni- che valutano i risarcimenti degli uni e degli altri, secondo le violazioni subite – vengono pubblicate quasi quotidianamente sul sito ufficiale della Commissione Verità. L’unità base per l’indennizzo è stata fissata a 2000 dinari (circa 600 euro). A titolo d’esempio l’omicidio, valutato come danno al 100% verrebbe indennizzato con una somma di 200.000 dinari (60.000 euro) e lo stupro, valutato come danno all’integrità della persona (75%) 140 000 dinari (41 000 euro).
Le decisioni in materia di risarcimento comprendono tre categorie: chi ha combattuto contro la colonizzazione, le vittime individuali e i gruppi, cioè le associazioni, partiti e organizzazioni vittime d’ingiustizia e di violazioni durante la dittatura.
Secondo l’avvocato e militante dei diritti umani Halim Meddeb che ha incontrato, anche lui, i protestatari che sono stati arrestati: “Béchir Khalfi et Makram Hajri rischiano fino a quattro anni di prigione: un anno per danneggiamento della proprietà pubblica e tre anni per oltraggio a pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni,”. Béchir Khalfi ha già annunciato che dal 24 aprile entra in sciopero della fame. E per il momento, di fronte alle rivendicazioni e ai sit-in delle vittime, il governo prosegue la sua politica dello struzzo.
L’articolo originale è apparso il 25 aprile 2019 sul sito justiceinfonet,ne
Traduzione e adattamento dal francese a cura di Patrizia Mancini
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