Tunisia: Conflitto sugli archivi della Commissione Verité

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Alcuni dei 10.000 files di archivio dell’Instance Verité et Dignité Crédit photo : Olfa Belhassine

Olfa Belhassine

L’instance Verité et Dignité (l’organismo indipendente che ha curato il percorso della giustizia di transizione n.d.T.) sta consegnando agli Archivi Nazionali tutto il materiale da loro raccolto. Ma,nello stesso tempo, non vorrebbe che questa istituzione conservasse le registrazioni audiovisive delle vittime e dei testimoni. Preoccupazioni dell’Instance e risposta degli Archivi Nazionali.

I lavori dell’Instance Verité et Dignité (IVD) si sono ufficialmente conclusi nel dicembre 2018, ma la Commissione Verité non ha chiuso completamente le porte. Occorre lasciare il seminterrato della sede dell’IVD per scoprire che al terzo piano ferve una grande attività sin dalle 8 del mattino. Gli altri quattro piani precedentemente occupati dall’IVD nel quartiere di Montplaisir, a Tunisi, sono stati liberati da tutta la mobilia e lasciati dai funzionari da diversi mesi. Vi regna un silenzio totale. Ma al terzo piano decine di operai si danno da fare come api in un alveare. Da diversi giorni si occupano delle ultime fasi del trasferimento degli archivi dell’IVD presso la sede degli Archivi Nazionali. E’ l’ultimo compito dell’IVD che aveva eletto qui la sua sede, per poco più di cinque anni. Il tempo che è stato necessario a mettere assieme i dossier delle vittime, di ascoltarle, di istruire i casi di violazioni gravi dei diritti umani e redigere il rapporto finale.

Quasi 10.000 contenitori

La legge del 2013 che inquadra e organizza la giustizia di transizione in Tunisia stipula che “L’instance affida l’integralità dei suoi documenti e dei dossier agli Archivi Nazionali o a una istituzione per la salvaguardia della memoria nazionale creata a questo scopo”. Per molto tempo l’IVD ha sperato che vedesse la luce questa seconda ipotesi: una istituzione che si ispirasse all’Istituti per la memoria nazionale in Polonia o in Slovacchia, o all’Istituto di ricerca sui regimi totalitari della Repubblica Ceca. Ma poiché le autorità non hanno mai messo in piedi una tale struttura dedicata alla messa in valore e allo studio degli archivi della dittatura, l’Instance è stata obbligata, a malincuore, a consegnare il suo materiale documentario agli Archivi Nazionali e le proprie registrazioni audiovisive, contenenti le testimonianze private delle vittime, alla presidenza della Governo.

Tali documenti, essenziali per l’accertamento dei fatti, racchiudono una parte della verità su un oscuro passato di violazioni dei diritti umani . Possono essere soggetti a strumentalizzazione, pirateria oppure andare perduti. E costituiscono materiale importantissimo per molti, come ricercatori, storici, giornalisti, giudici, vittime, responsabili politici…

Parliamo del trasferimento di quasi 10.000 contenitori.

Dossier preziosi e protezione delle vittime

Il responsabile del dipartimento Archivi dell’IVD, Belgacem Faleh, fornisce il dettaglio del loro contenuto, diviso in tre grandi categorie: « Innanzitutto vi sono i dossier riguardanti le denunce delle vittime, sistemati in 6851 contenitori, e che, messi in piano, sarebbero pari a 691,4 metri di lunghezza. Poi gli archivi raccolti nel corso delle investigazioni svolte dall’Instance che coprono tutto il periodo del mandato (d’indagine) dell’IVD, ossia dal 1955 al 2013. Questi documenti sono chiusi all’interno di 182 contenitori. Infine, ci sono gli archivi prodotti dall’IVD, cioè i processi verbali delle riunioni, le decisioni del Consiglio, i documenti delle diverse commissioni. Si superano i 750 contenitori”.

Fra i dossier d’importanza capitale l’esperto cita quelli ritrovati nel Palazzo presidenziale di Cartagine, firmati di proprio pugno dall’ex presidente Ben Alì, i dossier del partito-Stato di Ben Alì, il Rassemblement constitutionnel démocratique (RCD), e alcuni archivi di carattere diplomatico. Segnala in particolare , all’interno di questo “tesoro”, i dossier del Ministero della Giustizia e gli archivi dei tribunali speciali dell’epoca di Bourghiba, creati appositamente contro gli “Youssefisti” (i primi oppositori a Bourghiba durante gli anni ‘50) e contro i “Perspectivisti” (studenti marxisti degli anni ’60 e ‘70).

Belgacem Faleh insiste sulla dimensione anonima della segnalazione delle vittime. Le scatole che contengono i loro dati personali non mostrano alcun segno per l’identificazione. Ciascuna vittima è associata a un numero, è necessario utilizzare un altro supporto, un CD (anch’esso consegnato agli Archivi nazionali) per ricostruire l’identità delle persone che hanno subito gravi violazioni dei diritti umani.

80 000 GIGA di testimonianze audiovisive

Per quanto riguarda gli archivi audiovisivi essi sono oggetto di controversia tra l’IVD e gli Archivi Nazionali. 80.000 giga che raccolgono migliaia di ore di registrazioni drammatiche delle vittime di stupri, torture, violenze poliziesche, vessazioni, umiliazioni, ricatti, privazioni dei diritti più elementari, processi iniqui, condizioni inumane di prigionia …Segreti, storie e racconti confidati per la prima volta a un ascoltatore in occasione delle audizioni a porte chiuse organizzate nei diversi uffici della commissione Verità. Testimonianze preziose che sono servite ai commissari dell’IVD come materia essenziale per redigere il loro rapporto finale e ai suoi investigatori a nell’istruzioni delle cause, trasmesse poi ai tribunali speciali. Per gli storici costituiscono una fonte inesauribile d’informazioni e verità.

Ora l’IVD ha consegnato questi “archivi dell’anima”, come li definisce lo storico e documentalista Abdeljelil Temimi, alla Presidenza del governo e non agli Archivi Nazionali. L’IVD spiega questa decisione con l’assenza di una legge specifica che regoli l’accesso a questi archivi sui diritti umani. Del resto, nel suo rapporto raccomanda la creazione di un tale quadro giuridico. In secondo luogo, esprime l’esigenza di “proteggere i testimoni, le vittime, gli esperti e tutti coloro che vengono ascoltati , al di la del loro status, a proposito di violazioni (…) e ciò assicurando precauzioni di sicurezza, protezione contro le aggressioni e la preservazione della confidenzialità”. Ma queste due consegne separate sono anche il simbolo della guerra aperta fra l’ex presidentessa dell’IVD e il direttore degli Archivi Nazionali.

La “riconciliazione” attraverso gli archivi

Eppure secondo Hedi Jallab, direttore degli Archivi nazionali, l’arsenale giuridico in vigore sarebbe sufficiente a garantire la sicurezza di questa documentazione audiovisuale, in virtù della legge relativa agli archivi del 2 agosto 1988 -”una delle migliori al modo per quanto concerne questo settore”, spiega – e delle nuove leggi riguardanti il diritto d’accesso all’informazione e la protezione dei dati personali.

Gli Archivi Nazionali sono autonomi dal punto di vista finanziario, ma funzionano sotto la supervisione della Presidenza del governo. Questo legame con il potere esecutivo provoca, secondo alcune ONG attive nel campo della giustizia di transizione come Avocats sans frontières (ASF) o Bawssala (Bussola), un certo numero di riserve riguardo l’indipendenza di questa istituzione pubblica.

Per ASF, «sarebbe necessaria una riforma legislativa per limitare il controllo esercitato sugli Archivi Nazionali da parte dell’Esecutivo per quanto riguarda gli archivi dell’IVD e per definire gli obblighi degli Archivi Nazionali in materia di salvaguardia della memoria nazionale”. Gli Archivi Nazionali, raccomandano ASF e Bawsala, devono disporre anche di risorse dedicate per le attività di salvaguardia della memoria e di rafforzamento delle capacità del personale degli archivi nazionali perché si specializzino nella messa in valore di questo capitale molto particolare.

Hedi Jallab conta, innanzitutto, di elaborare con le sue equipe, la descrizione e l’indicizzazione di questi documenti per metterli in una base dati accessibile ai ricercatori. Ma non sembra disporre di una strategia precisa per far vivere e animare l’eredità della commissione Verité. E’ più propenso a consultazioni già avviate”in tutta calma e serenità ” (come afferma) con le vittime e le loro associazioni per stabilire un programma per l’utilizzazione di questi archivi. «Se il percorso della giustizia di transizione, mal diretto, a mio avviso, non ha ottenuto il consenso che avrebbe richiesto  », afferma, riferendosi malignamente alla ex presidentessa dell’IVD (Sihem Bensedrine) « noi non vogliamo perdere ancora una volta l’occasione con gli archivi. L’ideale sarebbe che questi documenti concretizzassero un obiettivo, quello della riconciliazione nazionale” sostiene il direttore degli Archivi nazionali.

Fra i desideri dell’uno e le preoccupazioni dell’altro, la battaglia per gli archivi della memoria viva non fa che cominciare.

L’articolo originale è apparso il 16 gennaio 2020 sul sito justiceinfo.net/fr/

Traduzione e adattamento dal francese a cura di Patrizia Mancini